Il pallone racconta: Emiliano Mondonico

Emiliano Mondonico non c’è più, ne avevamo celebrato i 70 anni un anno fa, chiedendogli i top della carriera, fra i compagni e fra i giocatori allenatori e la miglior squadra. C’era tanto Toro ma non solo.

Emiliano era uno degli allenatori più amati nella storia dei granata, ricordato dai tifosi per il celebre episodio della sedia alzata nella finale Uefa, persa ad Amsterdam, 26 anni fa, con tre pali colpiti. In granata giocò per due stagioni, dal 1968 al ’70, per 32 partite, con 11 gol. Ma è da allenatore che ha raccolto le maggiori fortune sotto la Mole: dal ’90 al ’94 (successo in Mitropa cup, coppa Italia e qualificazione alla finale Uefa) e poi dal ’98 al 2000, promozione in A e poi mancata salvezza.

Su famigliacristiana.it, una nostra intervista al Mondo fu per la malattia di Tito Vilanova, un anno e mezzo prima che il tecnico del Barcellona si spegnesse, 4 anni fa. Nel frattempo sarebbe ritornato sulla panchina blaugrana, vincendo una Liga. 

Qui la attualizziamo.

 

Emiliano Mondonico, lei è guarito perfettamente, dopo due interventi chirurgici...

“Chi passa attraverso questo percorso – raccontava l’allenatore cremonese -, deve convivere con il rischio di recidiva, ogni 3-6 mesi serve un controllo, per una decina d’anni, e uno qualsiasi può dirti che non va bene. Peraltro aiuta il conoscere già quanto succede”.

Guidava l’Albinoleffe, quando nel gennaio 2011 le fu diagnosticato il tumore all’addome. 

“Che alleni il Barça o nella Bergamasca non importa, il calcio ha la facoltà di portare i pensieri lontano dalla situazione, è l’unica materia che permette di dimenticare la malattia, almeno per quell’attimo”. 

La prima volta tornò in panchina dopo una ventina di giorni, salvò la squadra orobica ai playout, contro il Piacenza, e si fermò a giugno, per un nuovo intervento.

“In entrambe le occasioni fu il mio vice, a prendere in mano la squadra. Ricordo quando il presidente Gianfranco Andreoletti venne da me: “Tengo Daniele Fortunato, aspettando il suo rientro”. Mi infuse speranza”.

Un mese dopo l’asportazione della massa addominale di 5 chili, seppe che era in atto un altro tumore.

“Dietro al rene, in una posizione balorda, serviva un nuovo intervento importante. Ero molto provato dal primo, aspettai la fine del campionato per farmi rioperare”.

Al tempo dell’intervista, il Barcellona aveva 9 punti di vantaggio sull’Atletico Madrid e 13 sul Real. Vilanova era così fondamentale da meritare di essere atteso?

“In campionato ha fatto meglio dell’ultimo Guardiola. La società ha grande fiducia nella guarigione, gli farà riprendere il lavoro come prima. Nella nostra professione non puoi non essere bravo, magari i risultati non dipendono sempre dalle qualità, sono da accettare. “L’esonero preserva dall’infarto”: anni fa era una frase ricorrente, al corso di Coverciano, forse una giustificazione”.

Il tumore dello spagnolo era piccolo e circoscritto alla zona del precedente intervento. A Natale sarebbe ritornato a casa, era però atteso da 6 settimane di chemioterapia. Forse sarebbe convenuto richiamare Guardiola o affidarsi all’ex romanista Luis Enrique.

“Attenderlo è una prova di grande sensibilità, significa che hanno la certezza del ritorno. Io non ho fatto la chemio, per le parti molli basta l’asportazione”.

Altri tecnici calcistici hanno storie analoghe?

“In una trasmissione tv, a Verona, Osvaldo Bagnoli ha rivelato di non essere stato bene, ma aveva già lasciato le panchine. La malattia è capitata anche agli ex torinisti Paolo Pulici e Angelo Cereser, a carriera terminata. Sul momento preferirono tenere riservate le notizie”.

Ecco, magari se il cancro si rivela durante la stagione un allenatore fatica a tenerlo nascosto...

“Esiste la privacy, si riuscirebbe. Ma perchè avrei dovuto evitare di renderlo pubblico? Chissà quante persone vivono situazioni simili, mi sono sempre ritenuto una persona uguale alle altre”.

L’ultimo esame quando è avvenuto?

“La scorsa settimana, tutto ok, per i prossimi 4 mesi sono tranquillo. Il bello è che ci si controlla da soli, non serve più evitare di mangiare questo o l’altro, la vita diventa regolare per forza, spariscono gli eccessi, comunque la malattia porta ad avere riguardo. Spesso il modus vivendi incide, certe forme tumorali dipendono molto dalla condotta”.

Lei dove ha ecceduto?

“Forse nel calcio, ma è la mia vita, sono contento così”.

Stupisce che la malattia di Vilanova si fosse manifestata a soli 42 anni.

“La gioventù è determinante nello sviluppo delle cellule cancerogene. Più è bassa l’età, più la malattia degenera alla svelta, la vecchiaia permette di avere più tempo per controllarne l’esplosione”.

A primavera al francese Eric Abidal fu diagonisticato un tumore al fegato, operato due volte. A 33 anni il difensore mancino può tornare in campo, sempre nel Barça.

“Gli hanno trapiantato il fegato, la sua guarigione dà speranza a tantissime persone, con il ritorno da protagonista. Ricordo la vigilia della mia prima operazione, l’oncologo mi parlò di una ballerina della Scala di Milano ritornata a danzare e di una guida alpina che riprese le passeggiate in montagna, c’è una percentuale molto significativa di gente tornata nella normalità. Certo, non ti raccontano le cose negative, bisogna però essere propositivi”.

Come in una partita di calcio, votata all’attacco?

“Sul campo serve abilità in entrambe le fasi, anche in difesa, nella vita molto dipende dalla voglia di uscirne. Sul momento sei nelle mani del chirurgo, il giorno dipende da te: serve darsi da fare per accelerare la ripresa e non tutte le giornate sono uguali. Pensare che più di uno sia riuscito a farcela, tantopiù gente conosciuta, con il tuo stesso problema, rappresenta un grosso beneficio, aiuta a uscirne”.

Di recente, Mondonico, è stato a Roma, dal presidente Giorgio Napolitano, per una relazione dei ricercatori sul cancro.

“C’è speranza di debellare le patologie accompagnandole. Attraverso il dna si fa in modo che le cellule cancerogene guariscano, non serve più l’attacco, nella maggioranza dei casi basta seguirle: non ucciderle ma farle rinsavire. Restano mortali i tumori al cervello, al polmone e al pancreas”. 

A gennaio 2012, lei subentrò per 6 partite a Tesser, al Novara. Vinse a Milano con l’Inter ma tre partite più tardi venne esonerato. Intanto allena la squadra di persone dipendenti da alcool o stupefacenti.

“Al mio paese, Rivolta d’Adda. Sono partito quasi dieci anni fa, il dottor Giorgio Cerizza, psichiatra, riteneva inutile togliere l’eroina dando semplicemente il metadone: voleva che reagissero, anche a livello corporeo. L’esercizio fisico unito all’appartenza al gruppo è un aiuto valido, ci vediamo una volta la settimana”. 

Ormai è in pensione?

“Guai esporre bandiera bianca e alzare le mani. Punto sempre alle 1100 panchine da professionista”.

 

AVVENIRE, settembre 2012. Un’altra nostra chiacchierata telefonica fu 4 anni e mezzo fa, per il quotidiano cattolico. Ne proponiamo un brano.

 

Ha mai allenato all’Olimpico di Torino?

“Ci sono venuto da avversario, vi giocai quando si chiamava Comunale, mentre da ragazzo mi allenavo al Filadelfia. Nei 6 anni da tecnico del Toro, giocavamo al Delle Alpi”.

A 36 anni Stramaccioni è all’Inter, a quell’età Mondonico portava in A la Cremonese, dopo 54 stagioni. 

“Nel calcio nessuno ti regala niente. Se hai un certo ruolo, te lo sei meritato, non esistono favoritismi. Mai sono arrivato a Inter, Milan o Juve, significa che altri erano più bravi, congetture differenti sarebbero alibi. Stramaccioni ha mostrato il proprio valore in campo giovanile e nell’ultimo mese e mezzo della scorsa stagione”.

Giampietro Ventura invece è solo un anno più giovane di lei, nella prima di campionato, a Siena, si bloccò per lombalgia.

“Alla nostra età il colpo della strega è dietro l’angolo, lasciamo ai giovani determinati movimenti. Apprezzo peraltro il suo modo di allenare, è da Toro: la promozione è sempre difficile, anche da favorito, l’ha centrata restando quasi sempre in testa”.

Obgonna ha giocato titolare in Nazionale, stasera sfida a distanza Ranocchia, difensore altrettanto giovane. 

“Era dai miei tempi che un granata non era fra gli undici in una gara ufficiale, Roberto Mussi giocò con Sacchi la finale del mondiale ’94, persa ai rigori. Per noi fu una grande soddisfazione, dopo un terzo posto in campionato, la coppa Italia e un quarto di coppa delle Coppe. In Bulgaria Ogbonna ha fatto l’esterno nella difesa a tre, era in difficoltà, non so se per l’emozione. E’ uno dei punti di forza del Torino, trattenerlo è stata una delle scelte più positive del presidente Cairo. Serve coraggio, per resistere a certe cifre, tantopiù oggi”.

 

AVVENIRE, 13 AGOSTO 2010, CON I DISOCCUPATI. 

 

Una puntata precedente fu sempre sul quotidiano dei vescovi, per un tema molto particolare. C’era il Mondo allenatore dei disoccupati e aveva giocato in amichevole a Rivolta d’Adda, contro l’Albinoleffe. Emiliano Mondonico abitava nel paese cremonese e tra una fetta del suo salame e l’altra aveva contribuito a organizzare la partita.

"Il calcio non è solo Cassano e Balotelli – raccontava l’allenatore riconfermato all’epoca riconfermato dal club bergamasco che compiva 12 anni -. Non parliamo unicamente di loro, la crisi si è fatta sentire e tanto anche nel nostro sport: 22 club non si sono iscritti, consideriamo 20 giocatori per rosa, fanno 440 rimasti senza contratto. Altrettante famiglie sono in difficoltà”.

Certo alle spalle hanno guadagni consistenti o comunque possono rifarsi in futuro. L’Equipe Lombardia era organizzata come un club vero, aveva persino un presidente onorario, Cristiano Pavone, già in serie A nell’Atalanta e con il Bologna. Nella rosa dei 30 c’erano il figlio di Roberto Bettega, Roberto Colacone, Enrico Fantini e Michele Ferri.

“Gente che si paga personalmente la preparazione – conclude Mondonico -, alcuni hanno abbandonato il ritiro di recente perchè hanno già trovato collocazione”.

 

LA MORTE.

E’ stata la figlia Clara a dare la notizia della morte. Gestisce la pagina facebook che porta il nome del padre, aveva scritto: ”Ciao Papo... sei stato il nostro esempio e la nostra forza... ora cercheremo di continuare come ci hai insegnato tu... eternamente tua. La vita ti ha messo davanti a partite che sembravano impossibili da vincere ma tu, con la forza che ti contraddistingue, hai dimostrato di essere in grado di superare tutto”.

"Ci sono trenta possibilità su cento che la Bestia ritorni", aveva detto qualche mese fa, pensando al controllo di febbraio. Dopo quattro interventi, l’asportazione di una massa tumorale di sei chili, di un rene, di un pezzo di intestino, aspettava la Bestia con il solito coraggio. 

I RICORDI. “Ciao Mondo, ci mancherai”, il tweet del Torino. “E’ entrato nella storia della nostra società e nel cuore di tutti i tifosi, oltre alle specifiche competenze, per il coraggio e per il suo spirito indomito, qualità che lo hanno anche contraddistinto come uomo sino all'ultimo". "Il calcio perde un apprezzato professionista, il Toro piange un amico, mancato all'affetto dei suoi cari e dei suoi tantissimi amici".

Atalanta in lutto - scrive la società bergamasca, portata in A, nell’88, e a una storica semifinale di coppa delle Coppe, persa con il Malines (Belgio) -. In momenti come questo si fa sempre tanta fatica a trovare le parole, forse perché non ce ne sono. Se n'è andato un pezzo importante di storia atalantina, ma mai potrà essere dimenticato. Il Presidente Antonio Percassi e tutta la famiglia Atalanta con grande commozione sono vicini alla moglie Carla, alle figlie Francesca e Clara, ai familiari tutti, e partecipano al loro profondo dolore. Ciao mister, ciao Mondo”.

Il Csi. "Sei stato il nostro portabandiera dello sport in oratorio e, con la tua energia, ci hai trasmesso i valori più puri dello sport. Sei stato un maestro di vita per tutto il Csi, hai lottato con tutte le tue forze contro la 'bestia', come la chiamavi tu, senza mai abbandonare la tua grande passione per il calcio. Nonostante la malattia sei sempre vicino alla nostra associazione, non rinunciando mai ad un incontro con il mondo dello sport che più amavi, quello autentico, quello che educa alla vita... come solo tu sapevi insegnare”. 

La Figc. “Mondonico ha esordito in A con il Torino per poi militare nel Monza e nell'Atalanta e chiudere la carriera di calciatore nella Cremonese. E proprio sulla panchina delle giovanili della Cremonese è iniziata la sua lunga carriera da allenatore, che lo ha visto protagonista sulle panchine di Como, Atalanta, Torino, Napoli, Cosenza, Fiorentina, Albinoleffe e Novara. Da tecnico del Torino ha ottenuto i suoi risultati migliori, vincendo una Coppa Italia nella stagione 1992/93 dopo aver raggiunto con i granata la finale di Coppa Uefa nella stagione precedente”.

La Lega di serie A. ”Personaggio amato da tutto il mondo del calcio oltre i colori della maglia, ricorderemo sempre la tua generosità e i tuoi valori. Riposa in pace”.

La Cremonese. “Ciao Mondo, indomito cuore grigiorosso e fra i simboli più importanti della nostra storia. Sembra ieri quando “el ma'gher de Rio’lta" dava spettacolo nelle finali del Csi a Lovere con la squadra dell'oratorio, poi l'approdo alla Cremonese nel 1966. Geniale, ribelle, istrionico, era amatissimo dai tifosi grigiorossi con i quali ha condiviso passione, gioie e trionfi. I numeri parlano chiaro: un centinaio di gol da giocatore (88 con la Cremonese in 224 presenze) e circa 200 in grigiorosso spalmate in 7 campionati. Si era ritagliato uno spazio davvero notevole nel calcio nazionale. Da giocatore classe da vendere, ma discontinuo, alterna grandi giocate a lunghe pause dividendo spesso i tifosi in pro e contro. Da allenatore grande stratega ma con scarsa diplomazia davanti a microfoni e taccuini. Mondonico era così, prendere o lasciare”.

La Fiorentina. "Emiliano, oltre ad essere stato un grande tifoso viola, è stato l'allenatore che ha riportato i viola in A nel 2004 e per questo resterà per sempre nella nostra storia e nei nostri cuori. Mondonico è sempre rimasto vicino alla Fiorentina, siamo felici di averlo celebrato in occasione della festa dei 90 anni della società, come uno dei più importanti allenatori della storia gigliata”. A Firenze gli avevano già dedicato una strada.

Il Napoli. “Seppe coniugare carattere e spiccata personalità in campo a ironia e sagacia nel suo stile sempre originale, incisivo e apprezzabile anche nelle vesti di commentatore televisivo”. Maggio che ha postato una foto della Fiorentina: "Anno 2003-2004, con questa squadra un certo Emiliano Mondonico ci portò in serie A. Con la sua semplicità e umiltà ci fece capire il valore della vita e la forza del gruppo. Onorato di essere stato allenato da una grande persona. Ciao mister!”.

L’Unicef Italia. “Sentito cordoglio per la perdita di Mondonico, impegnato al fianco dell'Unicef per i tanti bambini vulnerabili - spiega il presidente Giacomo Guerrera -. Venne nominato testimonial il 26 marzo 2013 per i suoi meriti sportivi e per la passione che lo ha contraddistinto nella promozione di uno sport autentico, soprattutto a favore dei giovani”.

Sabato i funerali, a Rivolta d'Adda (Cremona), dalle 10. In queste ore la sfilata di ex, alla camera d’ardente. L’Albinoleffe al completo, il presidente dell’Atalanta Percassi, Antonio Cabrini, che lo definisce il George Best italiano: “E’ andato via in punta di piedi, i giovani lo prendano ad esempio”.

 

Vanni Zagnoli

 

 

 

30.03.18