“INJURY TIME” IL PESO DEGLI INFORTUNI
L’Associazione Italiana Calciatori ha avviato, nel corso delle ultime due stagioni, un’opera di sensibilizzazione culturale e sportiva sul tema della “Salute del Calciatore”. L’obiettivo di questo processo è quello di porre l’attenzione sulla salute dell’atleta ma anche interrogarsi sul valore dello “spettacolo sportivo” di cui il calciatore è protagonista.
Se è, ormai, acclarato che un calciatore che gioca più partite ha più probabilità di infortunarsi: è possibile dare un ordine di grandezza al rischio di infortunarsi?
La ricerca “Injury Time”, realizzata da AIC, ha registrato che i calciatori di Serie A e LaLiga sono stati infortunati per l’11% dei giorni disponibili. In Premier League il dato sale al 15%: in pratica, un calciatore che gioca nel massimo campionato inglese è stato infortunato 1 giorno su 6.6 (Totale giorni di infortunio per le stagioni 22/23 e 23/24, considerando i 25 calciatori con stipendi più alti per ciascun club di Serie A, LaLiga e Premier League) nelle ultime due stagioni.
Nel dettaglio, la stagione 23/24 (quella che si conclusa con EURO 2024) ha fatto segnare un numero di infortuni sensibilmente maggiore rispetto alla stagione 22/23. La “pausa” determinata, quindi, dal Mondiale invernale ha inciso positivamente sul numero complessivo di infortuni.
Le squadre che disputano più partite registrano un numero di infortuni maggiore ma anche un incremento maggiore (La ricerca analizza, nelle due s.s. 22/23 e 23/24, i 5 club “top” [quelli che hanno disputato il maggior numero di partite di Campionato e Coppe nazionali e internazionali] e i 5 club “less” [quelli che hanno disputato il minor numero delle stesse partite]. Non sono considerate le partite disputate dai calciatori con le Rappresentative Nazionali) nelle due stagioni analizzate. Nell’ultima stagione (quella di EURO24), infatti, gli infortuni nei 5 club top inglesi, spagnoli e italiani sono aumentati del 30% rispetto alla stagione 22/23. Nello stesso periodo i club con meno partite hanno registrato un incremento ben più contenuti (+12%).
I calciatori (e i club) che disputano più partite vanno inevitabilmente incontro ad un numero maggiore di infortuni.
La crescita del numero di infortuni si rivela pressocché costante dalla 1° alla 40° partita disputata dal calciatore in una stagione sportiva. Superata la soglia delle 40 partite di club, un calciatore va incontro ad un rischio che cresce in maniera esponenziale. Secondo le proiezioni della ricerca AIC, tale aumento si farebbe decisamente più incidente oltre la soglia delle 54/55 (numero massimo di partite disputate dai club nei due campionati analizzati], andando verso le 65 partite per stagione [numero di partite previsto dai nuovi format FIFA e UEFA).
Per essere più concreti: attualmente, i calciatori dei club che hanno disputato 54/55 partite a stagione (Campionato + Coppe) hanno registrato mediamente 71 giorni di infortunio a stagione (La ricerca calcola i giorni totali di indisponibilità per infortunio di ogni calciatore. I periodi non sono necessariamente lineari).
Nell’ottica di incrementare l’offerta di spettacolo e le conseguenti entrate media, i nuovi format proposti e introdotti da FIFA e UEFA prevedono un incremento medio di 11 partite a stagione per club. Proiettando, in via cautelativa, il trend di crescita degli infortuni registrati tra le 40 e le 55 partite a stagione, è possibile prevedere che ogni calciatore mediamente registrerebbe 107 giorni di infortunio a stagione. In pratica: l’incremento di 11 partite si tradurrebbe, mediamente, in +36 giorni di infortunio in più per ogni calciatore.
Un incremento del 50% che equivale a dire che ogni club avrebbe un calciatore infortunato 1 giorno ogni 3. Considerando che, in media, ciascun top club impiega 20 calciatori per il 90% dei minuti giocati, si comprende che il rischio più concreto, derivante dalla strategia di incremento delle partite, è quello di non mettere nelle condizioni di performare al meglio i “protagonisti” dello spettacolo. Quegli stessi calciatori (con particolare riferimento a quelli più impiegati) che i club tesserano per garantire ai propri tifosi ed ai media il massimo livello di spettacolo.
Oltre il limite
I dati riportati in questo report analizzano esclusivamente gli impegni dei club. Come noto, molti dei calciatori dei club analizzati partecipano alle attività delle Rappresentative Nazionali che, parimenti a quelle dei club, sono cresciute nel corso delle ultime stagioni. Julian Alvarez, Federico Valverde e Tijjani Reijnders hanno disputato il numero massimo di partite (54/55) con i rispettivi club. Se consideriamo anche gli impegni con le rappresentative nazionali, calciatori come Alvarez sono arrivati a disputare 69 partite a stagione. Valverde 67 (come Phil Foden e Darwin Nunez). Reijnders, primo tra gli “italiani”, 65, come Berat Djimsiti. 66 İlkay Gündoğan e 64 Lamine Yamal. Theo Hernandez, nell’anno della semi-finale del Campionato Europeo (arrivata nella stagione successiva alla finale del Mondiale), 62. Calciatori di questa fascia hanno disputato, in media nelle ultime due stagioni, 1 partita ogni 5 giorni.
Questo livello di impegni determina, in maniera matematica oltre che prevedibile, un significativo calo nel livello di “spettacolo” che ciascun club intende garantire al broadcaster televisivo che acquista i diritti di ritrasmissione dell’evento e che ha, solidalmente con il club e con l’atleta, l’interesse a proporre il miglior livello possibile dell’evento sportivo. L’incremento di partite proposto dai nuovi format porterebbe l’atleta verso la soglia “critica” delle 80 partite per stagione (considerando anche gli impegni nazionali): 1 partita ogni 4.5 giorni. Mettendo, di fatto, il calciatore nelle condizioni di NON poter performare adeguatamente al livello di spettacolo atteso, andando incontro ad un rischio infortunio intorno ai 150 giorni nell’arco di una stagione.
“Aumentare l’offerta di calcio in tv sembra essere l’unica risposta delle istituzioni internazionali del nostro sistema al calo dell’interesse dei tifosi verso il calcio ed al decremento del valore dei diritti TV” – dichiara l’avv. Umberto Calcagno – Presidente AIC - “Aumentare l’offerta significa aggiungere partite, trasferte, impegni ad atleti che sono già prossimi ad una soglia molto alta di rischio infortunio. Non è più una questione di tutela della salute della persona, o almeno non soltanto. Il nostro impegno è quello di tutelare la qualità dello spettacolo sportivo che offriamo ai nostri tifosi. Lo dicono con chiarezza i dati delle ultime due stagioni: se un calciatore disputa più di 55 partite con il club (oltre alle partite con la Nazionale), statisticamente rischia di essere indisponibile per almeno 70 giorni in una stagione. Questo equivale a dire che per 70 o più giorni il pubblico non potrà vedere in campo alcuni dei migliori protagonisti del gioco per cui ha pagato il biglietto, allo stadio o in tv. Il calcio di vertice dipende dalle logiche mediatiche. Per questo dobbiamo impegnarci per garantire che i top player siano messi nelle migliori condizioni per esprimersi al loro massimo livello.
La nostra ricerca ha preso in analisi due stagioni ‘storiche’ per il nostro mondo. Per la prima volta un Mondiale ed un Campionato Continentale si sono disputati a 16 mesi di distanza, invece che a 24. Una ’super-stagione’ nella quale gli atleti non hanno mai avuto la possibilità di recuperare le forze e di performare al meglio delle loro capacità. Aumentare ulteriormente l’offerta televisiva di partite equivale a diminuire il livello del prodotto venduto, svalutandolo e mettendo a rischio l’integrità fisica dei protagonisti”.
IL PESO ECONOMICO DEGLI INFORTUNI
Il 20 novembre, alle 9.30, in occasione del Social Football Summit presso lo Stadio Olimpico di Roma, AIC presenterà la seconda parte della ricerca sull’impatto economico generato dagli infortuni dei calciatori.
La presentazione è aperta ai giornalisti registrati: https://www.socialfootballsummit.com/it/ticket-sfs24/press-media-pass/
