VINCENZO FIORILLO

Intervista al portiere e capitano del Pescara

Il Delfino nuota nelle acque più agitate della cadetteria. Però Vincenzo Fiorillo, portiere e capitano del Pescara, sa come allontanare il suo equipaggio dagli abissi della retrocessione.

“Sono nato e ho sempre giocato in città di mare, sono stato fortunato per questo. Lo reputo un elemento davvero importante nella vita delle persone. È imprescindibile, non ha eguali. Pescara in tal senso è un posto straordinario. I colori del mare e del cielo, durante tutto l’anno, sono molto diversi da quelli che si possono trovare altrove. Ognuno è abituato a dove abita o è nato, ma il mare con le sue sfumature dà qualcosa in più. Ho casa sul lungomare, lo vedo ogni minuto. Non sono un pescatore, mi reputo un amante del mare di per sé, anche d’inverno”.

 

A proposito di questa stagione metereologica, che Pescara è emerso dal mercato di gennaio?

“Un Pescara rinforzato, migliorato. Sono arrivati giocatori di grandissima esperienza per questo campionato: Daniele Dessena, AndreaTabanelli, Niccolò Giannetti. O con un passato internazionale come Frederik Sørensen. La società ha svolto veramente un grande lavoro”.

 

Rinforzi per svestire la “maglia nera”. 

“Purtroppo nel girone d’andata abbiamo raccolto poco. Adesso dobbiamo per forza pensare solo alla salvezza, che a oggi è un obiettivo comunque da raggiungere, non troppo lontano, ma nemmeno troppo vicino. La classifica dice che siamo ultimi, non possiamo avere altri obiettivi in testa, significherebbe essere presuntuosi”.

 

Come se ne esce?

“Nel calcio si usano tantissime parole e si sprecano i luoghi comuni, ma la verità è che l’unica medicina è vincere. Dobbiamo riuscire a inanellare qualche risultato positivo, ci darebbe consapevolezza e rappresenterebbe un’iniezione di autostima, che in questi momenti viene a mancare. L’apporto di questi nuovi giocatori, importanti, ci porterà una ventata di entusiasmo. Loro magari, non avendo respirato i primi sei mesi difficili di questa squadra, non hanno le stesse sensazioni di chi ha vissuto la parte iniziale di campionato”.

 

Nel momento della scrittura, siete il penultimo attacco (16 gol) e la peggior difesa (35 marcature) della categoria.

“Le statistiche difficilmente mentono, soprattutto alla lunga non sono opinabili. Avendo questi numeri ci ritroviamo ultimi in classifica. Migliorandoli inanelleremo, magari, un filotto di vittorie che potrà farci risalire la china”.

 

Ti aspettavi un campionato così tormentato?

“Sapevo che sarebbe stato un anno abbastanza complicato. Veniamo da una salvezza ai rigori nei playout contro il Perugia, raggiunti peraltro all’ultima giornata di campionato. Non eravamo reduci da una stagione esaltante. Non mi aspettavo fino in fondo questa situazione, ma sapevo che sarebbe stato abbastanza sofferto. Giocare gli spareggi e partire un po’ in ritardo rispetto agli altri non ci ha aiutato. In questo senso non abbiamo avuto modo di svolgere una preparazione, ci siamo messi in moto soltanto ai primi di settembre”.

 

Chi ti ha colpito, particolarmente, in questo scorcio di stagione?

“La Spal mi ha fatto una grandissima impressione, come gioco, rosa e individualità. Anche il Lecce non è male. Sono tra le squadre più attrezzate. La B però va a sprazzi, incroci una corazzata quando non è al top e non riesci a dare un giudizio veritiero. Anche l’Empoli si sapeva che avesse un potenziale incredibile, ha vissuto un avvio difficile, ma poi le caratteristiche sono venute fuori”.

 

I valori generali si sono delineati?

“La Serie B è veramente indecifrabile. Esistono dei momenti nei quali la prima in classifica può trovare difficoltà anche contro l’ultima. Quest’anno è ancora più anomalo, ci sono dei tronconi di squadre che non si staccano più di tanto né in avanti né in basso. Negli altri anni già c’erano squadre proiettate verso l’alto, e altre incagliate nelle retrovie. Questo livellamento ci dà una grande speranza di poter, con 2-3 risultati consecutivi, scalare diverse posizioni. Bastano un paio di partite e si può essere risucchiati di colpo, o al contrario risalire. È anche il fascino di questo campionato rispetto alla Serie A, che ha più qualità ed è più bella, ma è meno imprevedibile”.

 

Quando si potrà tirare una linea?

“Saranno decisivi i prossimi 50 giorni. In questi due mesi inizieremo anche con i turni infrasettimanali, dopo 7-8 partite si inizierà ad avere un quadro dei campionati di tutte le squadre. Il periodo decisivo della B è verso la fine di marzo, lì si decidono i giochi principali”.

 

Sei un esperto della categoria, giocata quasi tutta con una maglia.

“Ormai sono legato a Pescara. Ho trovato parecchia continuità, abbiamo alternato anni entusiasmanti, con due finali playoff, oltre a una semifinale, e annate meno belle, come quella appena trascorsa. In biancazzurro sono riuscito a trovare rendimento, prestazioni e presenze, ingredienti fondamentali per il ruolo”.

 

Quanto c’è ancora del Vincenzo Fiorillo che, nel 2008 , fu giudicato miglior portiere dell'Europeo Under 19 disputato in Repubblica Ceca?

“A 31 anni sono una persona diversa, rispetto a quando ero neomaggiorenne. A livello giovanile ho conseguito traguardi molto molto importanti, ma spesso non è poi così scontato che da adulti accada lo stesso. Sono contento perché ho raggiunto più di 200 presenze col Pescara, più tante altre partite tra Sampdoria e Livorno. Ho avuto la fortuna di ottenere tre promozioni dalla B con questi club menzionati, alla mia età vado per la mia strada. È un calcio dove per forza di cose c’è un ricambio generazionale. Ci sono tanti giovani, bisogna farsi coraggio, facendosi rispettare anche se non si è più ventenni in rampa di lancio”.

 

A lungo, da diversi addetti ai lavori, sei stato bollato come il “dopo Buffon”. Chi difenderà la porta azzurra ai prossimi Europei?

“Nel calcio di oggi questo tipo di etichette si dà spesso, non solo nel ruolo del portiere. Non fanno tanto bene nei giudizi, perché poi non si ha un quadro oggettivo nell’analizzare le prestazioni di alcuni ragazzi. Si creano troppe aspettative, che fanno avere una percezione confusa del reale valore di un giocatore. Non lo dico con rammarico. Negli anni è successo con tanti portieri, penso ad esempio a Simone Scuffet. Questi ragazzi nonostante facciano bene, non vengono apprezzati mai fino in fondo, perché l’appellativo così ingombrante e inarrivabile fa passare inosservati campionati con prestazioni importanti. Come Gianluigi Buffon non ci sarà mai nessuno, o ce ne sarà un altro chissà quando. Escludendo Gianluigi Donnarumma, che adesso è il giocatore nel ruolo con più esperienza di tutti nonostante la giovane età, portieri come Pierluigi Gollini, Marco Silvestri e Alessio Cragno potranno dire la loro con la Nazionale, pur non essendo Buffon. Gollini credo che possa fare ancora di più di ciò che sta facendo, lo vedrei bene in un top club. Incarna le caratteristiche del portiere moderno, non disdegnando l’essenziale del ruolo, che è parare. Mi piace anche parecchio Cragno. Discorso a parte per Mattia Perin, che è stato solamente sfortunato avendo subito almeno tre infortuni gravi. Lo reputo tra i migliori estremi difensori italiani, aveva soltanto bisogno di ritrovare condizione e continuità”.

 

E tra i colleghi cadetti?

“Più che i più forti, dico quelli che mi sono piaciuti maggiormente, e che potranno fare bene nel prosieguo. Sicuramente Michele Di Gregorio del Monza, che ha già in cascina una stagione a Pordenone. È giovane, ma può esplodere e fare una bellissima carriera. Tra i giovani mi piace molto Samuele Perisan del Pordenone, l’ho visto da vicino e mi ha fatto un’ottima impressione. Poi cito un ragazzo col quale ero in blucerchiato, anche se è cinque anni più piccolo di me: Wladimiro Falcone, affacciatosi per la prima volta in B in questa stagione col Cosenza, sta dimostrando veramente di poter far cose straordinarie. Lo conoscevo da parecchi anni, doveva soltanto trovare una piazza che gli desse un po’ di fiducia e una casacca da titolare”.

 

Com’è fare il calciatore professionista nell’epoca del Covid-19?

“È una situazione anomala. L’assenza dei tifosi toglie al calcio quella fetta di emozioni, di giusta adrenalina e pressione che il pubblico sa dare. Il calcio ha perso qualcosa, a tutti i livelli. Vedere la Champions League in quel silenzio… Forse un po’ i ritmi delle partite si sono inconsciamente abbassati, magari si fa fatica a notarlo, ma vedo che spesso le partite rimangono in fasi di stallo che con le tribune piene, secondo me, non si verificherebbero. Mi auguro che gli spalti possano tornare a riempirsi il prima possibile. Noi come Pescara ne avremmo bisogno, per una piazza come la nostra è fondamentale l’apporto del pubblico”.

 

(di Claudio Sottile)

 

 

25.02.21