Sport VS Homophobia

Al Parlamento Europeo

Si è svolto a Bruxelles il 4 febbraio scorso, presso il Parlamento Europeo, un convegno sul tema “Lo sport contro l’omofobia: una partita da vincere” (Sport VS Homophobia: a must-win game). Tra i relatori, rappresentanti delle istituzioni europee, dell’Uefa, dell’AIC e tra i giocatori anche Albin Ekdal (Sampdoria) e Chiara Marchitelli (Inter femminile). Un’iniziativa presieduta da Tiziana Beghin (Eurodeputata e Vicepresidente Intergruppo Sport) e organizzata con gli eurodeputati Mark Tarabella e Tomasz Frankowski, per combattere la discriminazione nei confronti delle persone della comunità Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).
Nella prima parte del convegno è stato affrontato il tema del ruolo delle Istituzioni, con interventi di Yves Lostecque (Commissione Europea), Iris Hugo Bouvier (UEFA) e Roberta Li Calzi (ex calciatrice, avvocato AIC, Presidente Commissione Consiliare Parità e pari opportunità del Comune di Bologna).
Seconda parte più incentrata sulle esperienze sportive, con interventi di atleti e di ONG: Chiara Marchitelli, Albin Ekdal (con un contributo video), Sarah Townsend (European Gay & Lesbian Sport Federation), Dante Solis (Brussels Gay Sports) e Michel Desbois (Brussels Gay Sports).
In mezzo ai due panel un bell’intervento di Fabio Canino che ha parlato di questo tema partendo dal suo libro “Le parole che mancano al cuore”, una storia d’amore tra due calciatori.
Questo evento è stata un’occasione importante per affrontare un tema di cui ancora non si parla abbastanza all’interno di un’Istituzione come il Parlamento Europeo. Solo se ogni protagonista fa la propria parte, si può combattere con forza il fenomeno dell’omolesbotransfobia nello sport.
“Seppure sappiamo bene quanto siano importanti i coming out e le prese di posizione degli atleti” – ha detto Roberta Li Calzi – “soprattutto di quelli con maggiore visibilità mediatica, non possiamo pensare che questa sia la soluzione. Perché non si può chiedere agli atleti di caricarsi tutto il peso sulle spalle. È necessario un cambiamento culturale, che non può che partire dalle Istituzioni e dalla politica sportiva. Bisogna creare le condizioni affinché un atleta si senta libero di poter fare coming out senza dover rinunciare alla propria carriera. A maggior ragione perché la carriera sportiva è mediamente breve. Per chiedere coraggio a chi pratica sport, il mondo sportivo e la società tutta devono prima costruire le basi per rendere migliore, meno intriso di pregiudizi, il contesto sociale all'interno del quale potrà avvenire il coming out”.

06.02.20