Report “Calciatori sotto tiro”
Si insulta, minaccia e intimidisce al Nord come al Centro-Sud, nei campionati giovanili e in Serie A: con la riapertura degli stadi, al termine delle limitazioni imposte dalla pandemia, i calciatori sono purtroppo tornati ad essere oggetto di insulti, minacce e intimidazioni, come singoli e come squadre, dai propri tifosi e da quelli avversari.
I dati di questo triste fenomeno, relativi alla stagione 2021/22, sono stati presentati oggi a Roma, presso il Centro Sportivo della Polizia di Stato “Tor di Quinto”, in occasione della pubblicazione dell’8ª edizione del Report “Calciatori sotto tiro”, la ricerca dell’Associazione Italiana Calciatori che censisce ogni anno tutti gli atti di violenze, intimidazione e minacce compiuti nei confronti di calciatori e calciatrici, sia professionisti che dilettanti.

Oltre al Presidente AIC Umberto Calcagno, presenti alla conferenza stampa il Ministro dello Sport Andrea Abodi, il Presidente FIGC Gabriele Gravina e Paolo Cortis, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive del Ministero dell’Interno che ha collaborato alla presentazione del Rapporto.
“È una situazione preoccupante” - ha esordito il Presidente AIC Umberto Calcagno - “perché se è vero che i dati possono essere interpretati diversamente, ma abbiamo oggi una tendenza, soprattutto sulla tipologia delle minacce, che ci deve far riflettere: sono aumentate le aggressioni verso i singoli e verso il settore professionistico apicale, e un “fuoco amico” che ha nuove modalità rispetto al passato. A volte noi calciatori per primi reputiamo normali certe dinamiche che invece normali non sono e non possono essere. Abbiamo inserito norme federali precise dando importanti segnali di sistema, ma dobbiamo fare molto di più, dobbiamo fare un salto di prospettiva: partiremo con un progetto che andrà nelle scuole cercando di trasmettere una cultura sportiva differente e riqualificare la figura del calciatore agli occhi dell’opinione pubblica. Se scaturiscono episodi di violenza per il solo fatto che un calciatore vuol cambiare squadra” - ha concluso Calcagno - “vuol dire che non siamo stati bravi a far capire che quel calciatore è un ragazzo come tutti, pieno di sogni ed aspettative, che non galleggia affatto in un’altra dimensione”.
“Tema delicato, sempre attuale che richiede sempre molta attenzione” - ha continuato il Presidente FIGC Gabriele Gravina. “Purtroppo viviamo in quel tribunale pubblico che è il mondo dei social, dove i cosiddetti leoni da tastiera riescono a scatenare odio in tutte le direzioni. I numeri preoccupano e anche se sono diminuiti gli atti di violenza dentro gli stadi, in questa stagione sono tornate modalità di aggressione verbale e fisica nei confronti dei singoli, fenomeno che va debellato in tempi brevi. Ci vogliono interventi mirati” - ha concluso Gravina - “e la riflessione che ci sottopone l’AIC ci stimola ad un intervento immediato, abbiamo creato norme ad hoc ma molto spesso ancora non bastano perché non possiamo pensare che interventi come il Daspo, ad esempio, possano essere sufficienti. Dobbiamo adottare provvedimenti ancora più severi contro certi delinquenti che nulla hanno a che fare con il mondo del calcio”.
“Quello che stiamo analizzando oggi” - ha commentato il Ministro per lo Sport Andrea Abodi - “è un grido di allarme perché ciò che avviene oggi non crea il giusto clima per gli atleti del futuro. Raccogliamo ciò che seminiamo e in certi ambiti sportivi abbiamo atteggiamenti che hanno conseguenze gravi e denotano sempre di più una mancanza formativa di educazione. Il tema della violenza va analizzato nel presente, ma deve anche tracciare nuove traiettorie educative per il futuro. Se oggi abbiamo genitori più aggressivi dei figli sui campi di calcio dobbiamo farci delle domande. Va fatto un patto tra le istituzioni e andare tutti nella stessa direzione, andando oltre i dati e le statistiche, partendo dal vertice, e fare scelte di coerenza e di civiltà, tutti uniti, dando esempi diversi. Mi auguro che questo appuntamento preziosissimo creato da AIC e Osservatorio serva per ricominciare da capo, non restando freddi davanti a certi numeri, ma dimostrandoci più forti e convincenti della violenza che si combatte con l’educazione e la civiltà. Perché non ci sono tifosi e tifosi violenti” - ha concluso Abodi - “ma ci sono tifosi e delinquenti che vanno perseguiti nella convinzione della immediatezza e della certezza della punibilità. Dobbiamo cambiare passo e faremo molto di più proseguendo il lavoro di chi ci ha preceduto”.

L’analisi condotta dall’Osservatorio AIC ha evidenziato, in linea generale, un aumento dei casi rispetto alle stagioni precedenti, ed un cambiamento nelle motivazioni e nelle modalità di realizzo degli episodi. Il “razzismo” resta ancora tra le principali motivazioni, mentre diminuisce l’incidenza delle aggressioni via social che pure restano molto presenti. Prestazioni ritenute non all’altezza e i trasferimenti di mercato tra le altre principali cause.

Sintesi dei dati
Il ritorno negli stadi ha, purtroppo, riportato cori razzisti e messaggi xenofobi, insulti verbali e minacce fisiche, in particolare verso i calciatori di vertice. Con una concentrazione verso gli atleti stranieri.
La vita “reale”, quella fuori dal campo, è diventata sempre più oggetto di minacce. I social network, come mostrato negli ultimi anni, si sono trasformati in una vera e propria “piazza di scontro” tra haters e calciatori. Non si esauriscono, tuttavia, le aggressioni fisiche e le rapine in casa o per strada, agevolate dalla facilità di conoscere le abitudini di personaggi sempre più pubblici.
Nell’ultimo campionato censito, si rilevano le seguenti differenze rispetto alle edizioni precedenti del Rapporto:
- sensibile aumento dei casi;
- i calciatori di Serie A sono i più colpiti;
- le intimidazioni sono diminuite (ma sempre molto presenti) sui social da quanto sono stati riaperti gli stadi;
- un caso su due si registra al Nord (la Lombardia sottrae il primato al Lazio);
- nei campionati dilettantistici: la III Categoria sottrae il primato all’Eccellenza.

Nella stagione 2021/2022, raccogliendo informazioni da fonti pubbliche o segnalazioni dirette, l’Associazione Italiana Calciatori ha censito 121 casi in cui i calciatori sono stati fatti oggetto di offese, minacce e intimidazioni. Come specificato in ogni edizione del Report, molto probabilmente, il numero degli episodi è stato decisamente superiore. Purtroppo non tutto ciò che accade viene denunciato, per paura degli atleti, per il tentativo di risolvere le questioni senza generare ulteriori “problematiche” o semplicemente perché si considera che la violenza faccia parte del “gioco” di essere calciatori.

Nell’85% dei casi censiti, i campionati più a rischio sono stati quelli professionistici. La Serie A, con quasi 7 casi su 10 (68%), è il campionato dove i calciatori sono finiti maggiormente nel mirino degli ultras.
Nei campionati dilettantistici, il picco si registra nei campionati di Terza Categoria e di Eccellenza. In questi contesti, i calciatori più bersagliati sono stati quelli stranieri e di colore e i casi ricollegabili al razzismo risultano la netta maggioranza.

I calciatori sono stati presi di mira principalmente come singoli (83%). Soprattutto dentro gli stadi (60%).
Dentro gli stadi i calciatori sono stati offesi, intimiditi e minacciati ricorrendo principalmente a cori (36%) e insulti verbali (22%). Alle volte anche durante interviste o il rientro negli spogliatoi. Una costante il lancio di oggetti in campo (persino un ordigno esplosivo); il richiamo sotto la curva con l’esplicito intento di intimidazione o umiliazione “simbolica”; gli striscioni offensivi fuori dai centri di allenamento o dagli stadi; i danni e gli assalti ai mezzi di trasporto (anche alle auto dei calciatori, come avvenuto in una partita del campionato di Eccellenza).
Fuori dagli stadi, i calciatori sono stati aggrediti anche in presenza dei figli. In alcuni casi persino inseguiti e spogliati al termine della partita.

I social network si confermano strumento per esercitare odio e violenza verbale e psicologica, ma anche circostanziate intimidazioni (9%). Dagli “auguri” di morte o di incurabili malattie alle minacce a famigliari. Solo in rari casi sono stati individuati e puniti gli haters, visto il frequente utilizzo di profili falsi.
Alcuni calciatori hanno scelto di chiudere i propri profili social, considerato anche che questi sono stati usati come fonte per pianificare furti, rapine in casa o durante gli spostamenti per allenamenti o attività sociali.

Le “cattive” prestazioni restano la principale motivazione di insulti, minacce e intimidazioni. Segue il razzismo, spesso legato a matrice di dichiarata ispirazione nazi-fascista. In ultima analisi il cambio di maglia non gradito. Non è mancato, persino, il caso di intimidazione ad un calciatore ritenuto “no vax” in quanto, a giudizio dei tifosi, la sua scelta (mai confermata) avrebbe potuto mettere a repentaglio i compagni di squadra ed il regolare svolgimento delle partite. Non di rado le minacce scattano quando l’atleta è ritenuto non più “gradito”.

I calciatori di colore sono il primo bersaglio dei casi di razzismo (39%). Ma anche i calciatori dei Balcani (11%) o dell’America Latina (8%). Per i calciatori italiani, spesso l’insulto è legato alla provenienza dalle regioni meridionali.
Nel 64% dei casi sono i tifosi avversari a rendersi autori degli atti. Eppure in un caso su 3 sono tifosi “amici”. Se si guarda alla distribuzione geografica dei casi, la Lombardia (26%) è la Regione ed il Nord (49%) l’area geografica che risultano più a rischio. Segue la Campania con Veneto e Lazio (12%).

■ A partire dalla stagione sportiva 2013/2014, l’Associazione Italiana Calciatori ha istituito un Osservatorio con l’obiettivo di redige un Rapporto intitolato “Calciatori sotto tiro”, in cui si riportano dati, storie, analisi, focus su casi particolari, contribuendo così a portare all’attenzione pubblica il fenomeno della violenza particolarmente preoccupante e diffuso nel mondo del calcio.
Attingendo quotidianamente notizie da giornali e siti internet, locali, nazionali e internazionali, dai referti del giudice sportivo e dalle segnalazioni compiute dai collaboratori AIC sparsi su tutto il territorio nazionale, l’Osservatorio raccoglie tutti i casi in cui i giocatori sono fatti oggetto di atti di violenza fisica, verbale e/o psicologica, preoccupandosi di registrare il luogo in cui gli atti sono stati compiuti, i soggetti che ne sono rimasti vittime e quelli che li hanno messi in atto, la tipologia di minaccia e di intimidazione praticata, gli effetti che essa ha prodotto, la reazione delle società e dei calciatori.