Il pallone racconta: Giuseppe Massa

La scomparsa di "Peppiniello", indimenticabile ala destra ex Lazio, Inter, Napoli ed Avellino

Beppe Massa era una figurina, per tanti appassionati del calcio negli anni ’70. Senza gli stranieri in Serie A, si era ritagliato una bella notorietà, fra gli attaccanti o comunque tra i centrocampisti offensivi dell’epoca. È scomparso il 18 ottobre, a 69 anni, e in Campania si parla ancora molto di lui.

Era cresciuto nella Flegrea. Nel ’65, a 17, il debutto in campo nazionale, nell’Internapoli, all’epoca in Serie D. Era la seconda società del capoluogo partenopeo, fondata con il nome di Vomero e poi diventata Cral Cirio, frutto della fusione appunto con la Flegrea. Nel ’64 fu chiamata Internapoli e valorizzò Pino Wilson, poi capitano anche della Lazio, e Franco Cordova, Giorgio Chinaglia (con Luis Vinicio in panchina) e Angelo Mammì, poi mito del Catanzaro. Giocava allo stadio Collana del Vomero. Negli anni ’80 si fuse con la Puteolana, nel 2001 divenne InterSavoia, quindi Internapoli Camaldoli e Città di Marano, con trasferimento a Pozzuoli 5 anni fa.
Intanto Beppe Massa aveva fatto la sua carriera, 6 stagioni alla Lazio, con 31 gol in 137, due all’Inter, dal ’72 al ’74, con 4 reti in 43 gare.
Capelli ricci, alto uno e 68, a Milano arrivò per 300 milioni più il cartellino di Massimo Silva, poi bomber dell’Ascoli, e del compianto Mario Frustalupi. L’Inter giocava male e pure Massa, che divenne “napoletano triste”, soffriva di nostalgia e voleva tornare in Campania. Fu il ds Franco Janich a riportarlo a Napoli, lo valorizzò Vinicio. Segnò 24 reti in 102 gare. E poi un triennio all’Avellino, sempre in Serie A, quell’Avellino salvo per 8 volte di fila. In Irpinia Peppiniello viene ricordato per la rete della prima salvezza in A, l’incredibile 3-3 a Torino con la Juve, nel ’79, con Rino Marchesi in panchina. Dopo tre sconfitte iniziali (la prima a Napoli, poiché il Partenio non era ancora pronto), assieme a Gil De Ponti Massa firmò il primo successo in A, contro il Verona. Segnerà ancora contro l’Ascoli, il Torino e quel gol salvezza alla Juve. Restò anche con Vinicio. Chiuse al Campania, in serie C.

Uno stralcio del ricordo di Massa da Repubblica Napoli, a firma di Pasquale Tina.
“Un’ala destra. Piccola e sgusciante. Il classico numero 7 tutto dribbling e velocità. Senza tralasciare un discreto feeling col gol. Giuseppe, per tutti Peppiniello, Massa è scomparso a pochi metri dalla sua casa di Colli Aminei: ha accusato un malore - molto probabilmente un infarto - mentre era alla guida della sua auto. I soccorsi sono arrivati sul posto poco dopo le 20.30, ma non c'è stato nulla da fare e hanno solo constatato il decesso.
Massa è stato un protagonista del calcio italiano negli anni 70. Attira le attenzioni della Lazio dove resta dal 1966 al 1972. Diventa un protagonista assoluto in maglia biancoceleste, conquista la promozione in A nel 1971-72. Celebri i suoi assist per Giorgio Chinaglia. Quella grande stagione attira l'attenzione dell'Inter. Massa si trasferisce in nerazzurro: due annate in chiaroscuro in cui non sfonda definitivamente tanto che nel 1974-75 corona il suo sogno - da napoletano della Torretta - di indossare la maglia azzurra per giocare con Luis Vinicio. Vince una Coppa Italia nel 1976 e centra una semifinale di coppa delle Coppe del 1977. Da allenatore è stato tecnico del settore giovanile del Napoli. Nel 2004 fu colpito da un grave lutto: il figlio Maurizio morì all'ospedale Mondali per una grave malattia del sangue. L'altra figlia, Azzurra, ha 17 anni e ha seguito le orme del padre giocando nella Carpisa Yamamay”.

La carriera di Massa, dunque, ci permette di ricordare quella storica semifinale di Coppa delle Coppe, miglior risultato in Europa per gli azzurri, a parte il successo in Uefa con Ottavio Bianchi.
Era il ’76-’77, come ricorda ilnapolista.it, e all’epoca la coppa Coppe era la seconda manifestazione, davanti alla Uefa, prima della cancellazione con il nuovo millennio. C’erano Chiarugi e Speggiorin, che dovevano appoggiare il tandem Massa-Savoldi e a quell’avventura il Napoli si preparò affrontando in amichevole il Nacional di Montevideo, la squadra uruguagia più popolare. Al primo turno eliminò il Bodoe Glimt e il petisso Pesaola già a settembre, in Norvegia, rispolverò il cappotto di cammello. Facili anche gli ottavi, a Cipro con l’Apoel Nicosia, e i quarti in Polonia con lo Slask Wroclaw. In semifinale, i detentori dell’Anderlecht. Al San Paolo segnò Bruscolotti, a 8’ dalla fine, 1-0 ai primattori del calcio totale, con gli olandesi Haan e Rensenbrink, Ludo Coeck, poi interista (scomparso nell’85, a 30 anni, in un incidente stradale), Van der Elst e Thissen. Ottantamila spettatori, nonostante si giocasse di pomeriggio per la cattiva illuminazione dell’impianto di Fuorigrotta. C’era la diretta Rai, ma all’epoca con esclusione della provincia di dove si giocava la partita.
Bruscolotti marcò benissimo Rensenbrink, tuttavia per il ritorno fu squalificato. A Bruxelles, fu la festa degli immigrati campani, in particolare minatori, senonché l’arbitro inglese Matthewson annullò un gol regolarissimo di Speggiorin e poi lo fermò per un fuorigioco inesistente, mentre era lanciato verso la porta. Va aggiunto un palo di Esposito. I belgi vinsero 2-0, con reti di Thissen al 20’ e van der Elst al 12’ della ripresa. Quella sera il Napoli schierò: Carmignani; Vavassori, La Palma; Catellani, Burgnich, Juliano; Esposito, Vinazzani (31’ st Orlandini), Speggiorin, Savoldi, Massa. A fine partita Matthewson si chiuse nella segreteria dell’Anderlecht, mentre Burgnich, indignato e pronto a lasciare il calcio, lo rincorse chiedendo spiegazioni. Pesaola ripeteva: “Non meritavamo di uscire, non è giusto, abbiamo disputato una gara veramente eccezionale”. Festeggiò, invece, Raymond Goethals, poi sul tetto d’Europa con l’Olympique Marsiglia, nel ’93, contro il Milan.

In fondo anche Massa aveva vinto parecchio. Il campionato De Martino con la Lazio, nel ’68, ovvero l’attuale torneo Primavera. L’anno successivo la Serie B e poi la Coppa delle Alpi, nel ’71, manifestazione di un altro calcio. Come la Coppa di Lega Italo-Inglese del ’76, con il Napoli, successiva alla Coppa Italia. Era un altro calcio, da figurine, in cui Giuseppe Massa fu grande, nel suo piccolo. Con la valanga di stranieri degli ultimi decenni, si sarebbe probabilmente fermato in B. Ma resta un signor giocatore, che ha lasciato ricordi belli ovunque è andato.

Vanni Zagnoli

12.12.17