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Everton: nil satis nisi optimum

Liverpool, un porto, una città e due club che la dividono esattamente in due, perché una cosa è certa: nel bene o nel male e indipendentemente dai successi del rivale, metà della Merseyside rimane orgogliosamente “Blues”.

Fondato nel 1878 come St Domingo FC per iniziativa dei fedeli della omonima chiesa metodista, l’anno seguente prese il nome dal quartiere di Everton, zona operaia all’epoca particolarmente popolata da immigrati irlandesi.

Il motto latino del club - niente è sufficiente, se non il meglio – è onorato dalla storia di un’istituzione che non soffre di complessi di inferiorità nei confronti di nessuno, anzi. L’Everton è il primatista di campionati disputati nella massima divisione inglese, 117 su 121 edizioni (staccatissimi Aston Villa e Liverpool); per titoli domestici è il quarto club, con 9 campionati, 5 FA Cup e 9 Charity Shields, a cui va aggiunta una Coppa delle Coppe.

Una storia fatta da attaccanti poderosi, da Dixie Dean, 377 reti con i Toffees –  la cui statua campeggia all’esterno del mitico Goodison Park, campo di gioco del club ininterrottamente dal 1892 -  a Bob Latchford, Joe Royle, Graeme Sharp; e da una passione che, ancora una volta, affonda le proprie radici nella working class di una città portuale come Liverpool, testimoniata da una delle definizioni che meglio rappresenta i Blues: The People’s Club, il club del popolo.  

Il Merseyside derby (234 partite, 93 a 66 per i Reds) divide in due la città e, a quanto si narra, divideva anche i Beatles: il manager del gruppo, Brian Epstein, aveva proibito ai quattro di esprimere preferenze, ma è certo che Paul e George fossero per l’Everton, John e Ringo per il Liverpool. Nel 1989, interpellato in proposito, Paul McCartney rispose “no way man, I'm a blue note”, ribadendo così in via definitiva la sua fede evertoniana; ma ancora più sorprendente fu una sua dichiarazione del 2007, poco prima della finale di coppa Liverpool-Milan: “è vero che tifo Everton, ma dato che della questione cattolici-protestanti non me ne importa un fico secco e che ho appena conosciuto Kenny Dalglish, se il Liverpool va in finale di Champions, io supporto la squadra della mia città».

Una dichiarazione curiosa, che fa trapelare un altro singolare pezzo di storia dell’Everton: un club fondato da fedeli metodisti e quindi protestanti ma che, data la presenza di una folta comunità irlandese nel quartiere e la tradizione di selezionare un gran numero di calciatori provenienti dalla Repubblica d’Irlanda, almeno fino agli anni ’60 veniva in qualche misura considerato un club di simpatizzanti “cattolici”… 

Come sempre, il calcio non è solo calcio.

02.07.20