FONDO ACCANTONAMENTO DELLE INDENNITA DI FINE CARRIERA PER GIOCATORI E ALLENATORI DI CALCIO
Il Fondo ha per scopo quello di riconoscere ai giocatori di calcio e agli allenatori le c.d. indennità di fine carriera che, “alla cessazione definitiva della carriera presso società sportive affiliate alla FIGC (…) ed agli allenatori federali all’atto della cessazione definitiva del rapporto con la FIGC”.
Infatti la legge 91/81, all’articolo 4, comma 7, consente alle federazioni sportive nazionali di “prevedere la costituzione di un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi per la corresponsione dell’indennità di anzianità al termine dell’attività sportiva (…)”.
Dalla libera gestione dei contributi accantonati per le indennità di fine carriera, senza assoggettamento da parte di Organi di controllo, ne deriva per analogia la similitudine con il Trattamento di Fine Rapporto.
Questa breve premessa è utile per chiarire che le norme di riferimento generale, anche di carattere fiscale, applicabili al TFR siano le medesime per il Fondo di Fine Carriera.
L’art. 2120 del c.c., al comma 3, prevede che “In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’art. 2110 (infortunio, malattia, gravidanza, puerperio), nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma (ossia la retribuzione imponibile ai fini TFR) l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro”.
Quindi in caso di cassa integrazione, sia ordinaria, sia straordinaria che in deroga, c’è il computo del TFR considerando la retribuzione come se il lavoratore avesse svolto il normale orario di lavoro. Questa disposizione non sembra derogabile in senso meno favorevole al lavoratore.
In tale direzione si muove anche la giurisprudenza: ad affermarlo è la recente sentenza n. 17051/2018 della Corte di Cassazione, che dunque conferma un orientamento di tutela del lavoratore, ricordando che “il prestatore di lavoro assoggettato a cassa integrazione una volta sopravvenuta la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, percepirà il medesimo trattamento di fine rapporto che avrebbe percepito se la cassa integrazione non vi fosse stata”.
Per le motivazioni appena esposte si può affermare che gli stessi diritti debbano essere riconosciuti ai lavoratori iscritti al Fondo per le Indennità di Fine Carriera.
Si può asserire quindi che anche i calciatori e gli allenatori di calcio iscritti al Fondo accantonamento delle Indennità di Fine Carriera non possano subire un danno dal semplice fatto di essere stati posti per un determinato periodo in Cassa integrazione in deroga.
L’aspetto maggiormente delicato è quello relativo alla previsione della ripartizione del carico contributivo tra la Società ed il calciatore/allenatore: infatti la Società sostituto d’imposta nei mesi in cui venga erogata l’indennità da parte dell’INPS si vedrà impossibilitata a recuperare nel cedolino paga l’aliquota dell’1,25% a carico del lavoratore.
La soluzione più ragionevole sembra quella di recuperare tale contribuzione a carico del calciatore ed allenatore nel primo cedolino utile: infatti la Società, alla fine del periodo di Cassa integrazione, dovrà corrispondere al lavoratore le ultime spettanze, anche in caso di contratto in scadenza al 30 giugno.
Si può quindi concludere che, non solo per i calciatori e gli allenatori debbano essere versati i relativi contributi al Fondo Fine Carriera, per i periodi di copertura della Cassa integrazione ma, gli stessi debbano essere calcolati sulla retribuzione contrattuale e non su quella erogata dall’INPS.