SPORT HUMAN FACTOR, Il FATTORE UMANO E LA PRESTAZIONE SPORTIVA

A Roma convegno con Gravina, Calcagno, Beretta, Spalletti, Sartori e Lanfranchi

Qual è l’impatto che l’ambiente professionale e umano genera su un atleta di alto livello? Se ne è discusso oggi a Roma nel corso del convegno “Sport Human Factor” - L’incidenza del “fattore umano” sulla prestazione sportiva dell’atleta e sulla performance del club.
L’iniziativa, che prosegue il ciclo di approfondimenti culturali e scientifici promosso dall’Associazione Italiana Calciatori e l’Associazione Italiana Allenatori, ha voluto affrontare, insieme a qualificati esperti del settore, il tema della salute e del benessere fisico e psicologico dell’atleta di alto livello.

Al Convegno, aperto dal saluto del Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Vittorio di Trapani, e moderato dal Direttore Generale AIC Gianni Grazioli, hanno preso parte il Presidente FIGC Gabriele Gravina, il Presidente AIC Umberto Calcagno, il Consigliere federale AIAC Mario Beretta, quindi Andrea Sartori (Fondatore di AD Football Benchmark), Pierre Lanfranchi (Direttore Centro Ricerche SAFF – Emeritus professor DeMontfort University Leicester) e il Commissario Tecnico della Nazionale Luciano Spalletti.

Se nei precedenti convegni (“La salute del calciatore”) svoltisi nel 2023, sono state analizzate le sollecitazioni che condizionano la prestazione dei calciatori, con particolare riguardo alla “fatica cumulativa” generata dall’elevato numero di impegni in uno spazio temporale ristretto, questo secondo appuntamento ha voluto concentrare l’attenzione su un’altra tipologia di fatica, pericolosa e difficile da quantificare e contrastare: la cd. “fatica ambientale”, ovvero l’impatto che l’ambiente professionale e umano ha sull’atleta.
L’incontro si è posto l’obiettivo di evidenziare come tale fatica, ampiamente sottostimata dagli operatori del sistema, generi effetti sulla performance dell’atleta e, conseguentemente, sulla performance sportiva ed economica del club per il quale l’atleta è tesserato.

Le Istituzioni e i Club si stanno rendendo conto che la difficoltà d’inserimento di un singolo atleta può incidere in maniera determinante sul risultato del gruppo che, oggi più di ieri, influisce sul risultato economico del Club.
È un dato ormai acquisito che una condizione di “malessere” in un atleta di alto livello accresce il numero di errori tecnici e di giocate “perse”; diminuisce efficienza ed efficacia dei gesti tecnici; peggiora o rallenta le abilità di decision-making; influenza negativamente la visione periferica e la “lettura del gioco”; aumenta persino il numero di infortuni subìti. Di contro, è ormai acclarato che ogni calciatore (come e più di ogni lavoratore) esprime il massimo delle sue potenzialità in un ambiente “positivo”, che lo gratifica, con dirigenti e compagni di squadra che lo apprezzano e con uno staff tecnico che ne intuisce e ne valorizza le inclinazioni.

Gli addetti ai lavori sono soliti attribuire le cause dei “problemi d’inserimento” di un calciatore alla sua maggiore/minore capacità di sopportare le pressioni generate dall’ambiente. Si parla di “cilindrata” alludendo metaforicamente al motore di ogni singolo individuo e alle sollecitazioni che quel motore deve fornire sulla base delle aspettative che, spesso, lo stesso club ha creato.
È effettivamente così? Oppure non si conferisce il giusto valore al rapporto fra calciatore (e sue necessità personali) e ambiente?
Zico, Maradona, Messi… ci hanno dimostrato che si può essere “fenomeni” sopperendo alle doti fisiche con altri talenti. Nel calcio si può fornire un’ottima prestazione pur non essendo al meglio della condizione fisica e se ne può fornire una pessima pur essendo al meglio della stessa.

Tutti sappiamo che è la mente che governa il corpo eppure ci comportiamo come se l’efficienza fisica fosse ancora l’unica componente della performance di alto livello.
Siamo in grado di stimare con precisione il costo materiale dell’infortunio di un top player per un Club. Un valore che varia fra i 20 e i 40.000€ per giorno. Abbiamo, tuttavia, difficoltà a calcolare gli effetti “indiretti”, legati ad un rendimento inferiore alle aspettative che, occorre precisarlo, sono sempre tarate sul rendimento massimo potenziale di un atleta e che, pertanto, richiedono un livello di impegno e concentrazione difficili da sostenere nel lungo periodo. Un impegno che genera, a sua volta, fatica.
Obiettivo del convegno è stato quello di provare ad affrontare questa complessa ed inedita tematica da differenti prospettive di analisi. Evidenziare l’importanza del “fattore umano” e “ambientale” sui risultati sportivi del singolo e della squadra nonché sulla performance economica dell’azienda sportiva.

"Rimettere il calciatore al centro” - ha commentato il Presidente AIC Umberto Calcagno - “è finalmente un concetto condiviso: aver sottoscritto un documento con la FIFPro e Leghe europee sui calendari, ed averlo inviato alla FIFA, vuol dire che stiamo facendo un importante salto di qualità. Oggi’ - ha proseguito Calcagno - “non ci può essere contrapposizione tra aspetto economico e salute dei calciatori: non è più una questione sindacale, ma preservare la salute fisica e mentale della parte apicale del nostro mondo vuol dire preservare anche gli aspetti economici. Senza perdere di vista l’aspetto solidaristico perché finalmente si sta parlando anche di come distribuire meglio le risorse create dal sistema. Preservare e rimettere il calciatore al centro” - ha concluso Calcagno - “significa anche rimettere al centro l’aspetto sportivo, perché dobbiamo tenere bene presente che il calcio non è solo quello delle grandi competizioni”.

14.05.24