PROSPETTIVA DI RIFORMA DEL CALCIO ITALIANO

Audizione in Senato del Presidente AIC Calcagno

“Molte delle discussioni dibattute in questi mesi” – ha dichiarato il Presidente AIC Umberto Calcagno nel corso dell’audizione presso la Commissione Bilancio in Senato sull’affare “Prospettiva di riforma del calcio italiano” – “sembrano create ad arte per distogliere l’attenzione da ciò che realmente occorrerebbe fare: da sempre l’AIC ha individuato due tematiche basilari: la prima riguarda gli aspetti di carattere economico/finanziario, che ci impongono un risanamento del nostro sistema, diventato non più procrastinabile; l’altra riguarda gli aspetti tecnico sportivi che, come componente tecnica federale, abbiamo particolarmente a cuore”.

 

“È fuor di dubbio che si debba risanare per poter ridistribuire meglio le risorse: facciamo parte di un sistema che negli ultimi quindici anni ha aumentato il valore della produzione ma, di pari passo, ha anche aumentato i costi e la parte debitoria. Già prima della pandemia avevamo più di 4 miliardi di euro di debiti, diventati i 5 miliardi e 600 mila euro attuali. Oggi il valore della produzione purtroppo sta calando e si parla spesso degli stipendi dei calciatori di alto livello; a tale proposito è bene sottolineare che il costo del lavoro si attesta attorno al 51-52% dei costi totali delle nostre società, con importi totali ben differenti rispetto al Costo del Lavoro Allargato all’interno del quale si somma circa un 23% riferito agli ammortamenti e un altro 12-13% di spese per servizi legati ai trasferimenti”.

 

“Detto questo, il documento approvato in Consiglio Federale all’unanimità da tutte le componenti, è stato forse sottovalutato perché abbiamo focalizzato l’attenzione proprio sul risanamento del nostro sistema. Siamo da sempre convinti che non sia prioritario cambiare il sistema di nomina di chi effettua i controlli ma riprendere piuttosto quel cammino sulle regole fatto prima della pandemia, per capire chi può fare calcio. La vera riforma non può partire dal numero delle squadre che ci saranno in futuro nei nostri campionati professionistici, ma deve essere il risultato di un percorso virtuoso che da istaurare con le Licenze Nazionali e le norme sui controlli durante la stagione. Da consigliere federale mi sono sempre sentito tutelato da tutte le persone che negli anni si sono succedute alla guida di Covisoc, così come dalla struttura interna federale”.

 

“Quindi risanare per ridistribuire maggiori risorse verso il basso; redistribuzione significa soprattutto progetto tecnico-sportivo, perché è sotto gli occhi di tutti che abbiamo un problema di filiera nei settori giovanili; nella parte apicale professionistica, deputata alla ricerca del talento, abbiamo il problema del mancato utilizzo dei nostri giovani selezionabili in Serie A, con percentuali del minutaggio dei calciatori stranieri che sfiorano il 70%. Abbiamo anche la percentuale più bassa in Europa di calciatori provenienti dai propri settori giovanili, pari a circa l’8% nella massima serie, contro ad esempio la Spagna che arriva a percentuali superiori al 20%. Abbiamo un sistema che forma i giovani per le categorie inferiori e che non valorizza più le mission che la Serie B e la Lega Pro avevano fino ad una quindicina di anni fa”.

 

“Eravamo un sistema vincente quando avevamo in Serie A il 70% di selezionabili in campo e un sistema che grazie alla Serie A trasferiva molte più risorse di oggi verso le categorie inferiori e valorizzava, grazie al mercato, il lavoro che Serie B e Lega Pro facevano all’interno della filiera. Filiera che sta vivendo un momento molto particolare per quanto riguarda la base del movimento, perché se da un lato la ricerca del talento ha un’importanza basilare, dall’altro anche la promozione del nostro sport sul territorio e tutto ciò che riguarda in senso più ampio la cultura sportiva, oggi vive un momento di difficoltà. A nostro modo di vedere il Decreto 36 è una grande opportunità: aver professionalizzato atleti ed atlete di alto livello di altri sport e dato dignità a chi vive di sport anche a livelli non apicali, innalzerà anche la qualità dei nostri formatori. Formare e professionalizzare i formatori è fondamentale per una grande agenzia educativa come la nostra, che oggi è nella costituzione non a caso insieme alla scuola e alla famiglia”.

 

“Per questo servono nuove risorse; gli sforzi degli ultimi anni per lo sport a scuola sono stati importanti, ma rimaniamo uno dei paesi che in Europa ha più problemi legati alla sedentarietà dei nostri adolescenti. Siamo passati dalle 20 ore di sport della mia generazione, alle attuali 3, affidate quasi esclusivamente all’attività meritoria delle nostre società dilettantistiche: le politiche si fanno con le risorse, sia per la parte apicale, sia per la base e, per questo, abbiamo bisogno non solo di stadi per i grandi eventi, ma anche di nuove strutture sul territorio. Incentivare la finanza privata per le grandi infrastrutture e concedere crediti di imposta per chi vuole investire in quelle dei settori giovanili”.

 

“La questione riguardante le scommesse sportive potrebbe essere un volano importante: abbiamo generato più di 3 miliardi di euro di gettito fiscale sulle giocate che riguardano il calcio in questi anni e credo che, anche giuridicamente, sia giusto che ci sia un ritorno per lo sfruttamento che viene fatto della nostra organizzazione”.

 

“In futuro rischiamo di avere molte risorse per il nostro mondo: a me piacerebbe che tutto il sistema politico si muovesse, come abbiamo fatto insieme alla Lega di Serie A, a difesa dei campionati nazionali: preservare i campionati interni significa preservare la passione in tanti territori e significa anche preservare economicamente ciò che oggi generano”.

21.05.24