Il pallone racconta: Fulvio Collovati

I 60 anni dell’ex difensore campione del mondo

Stavolta non chiamiamo apposta Fulvio Collovati, perché sarebbe troppo facile. Abbiamo collaborato a una delle sue tante avventure televisive, a “E’ tv Parma”, un decennio fa, con l’ex campione del mondo nelle vesti di produttore, contornato da polemisti asperrimi, Antonio Cervi, ex difensore del Parma di Serie C, e da Pierpaolo Cattozzi, 78enne pensionato Rai.
Compie 60 anni lo stopper di Teor, provincia di Udine. È un’icona, di quell’Italia del 1982, è il titolare forse meno forte, che ha fatto forse la carriera meno brillante, fra tanti campioni. Intendiamoci, è stato grande e un grande difensore, però nell’immaginario resta più il polemista del calciatore. Che fra l’altro si impose giovanissimo, in Serie A, a 19 anni.

Fulvio è il re degli opinionisti, fra gli ex calciatori, contro ma non troppo, polemico sempre. “Il 10% del mio pensiero è finalizzato a fare discutere” - ci confessava nello stadio di Cinisello Balsamo, prima di una diretta – “il resto è originale. Non ricamarci sopra, grazie”.
Fulvio è così, tanto era aggraziato e civettuolo in campo, con quei capelli lunghi, anche nelle figurine, tanto è astuto fuori. Vive di tv, ha una società di produzione che negli anni ha fatto tanto e lui stesso appare molto, adesso a “Quelli che il calcio”, dopo “La Domenica Sportiva” e molto altro. Bastian contrario ma gentile. Non inteso come Claudio.
Fulvio è la tv, non si tira mai indietro, tanto più che ha la moglie showgirl e presentatrice, anche con lui. “Caterina è napoletana. Che ci azzecca con un friulano?”. Che peraltro vive a Milano, da quando si rivelò nel Milan di Pippo Marchioro, primo teorizzatore della zona.
Fulvio, dunque, è la tv, privata, commerciale, con i grandi opinionisti. “Fra i miei preferiti c’è Tony Damascelli”. La firma de Il Giornale, ex Indipendente. Una figlia studia in Virginia, l’altra è avvocato.
Fulvio si allena al parco, si fa fotografare per instagram. Per anni abbiamo curato il suo sito internet: “Volevo provare l’ebbrezza”. Ora ha ideato siti anche di basket e volley, ha una squadra di giornalisti in onda ogni sera su “Acqua”, canale 65. Carlo Tagliagambe, livornese, e Gabriele Cantella, agrigentino, Andrea De Boni. Con le intrusioni di un pubblicitario dei milanisti non evoluti. “Definizione di Adriano Galliani”.
“Ti posso dire?”, è la frase preferita da Fulvio. Quando prende la parola così, significa che sta per sparare la bordatina. “Nel calcio molto è immagine”. In questo ha ragionissima.

Dunque, torniamo indietro di 35 anni. Zoff; Gentile, Cabrini; Oriali, Collovati, Scirea; Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani. Ma qui ne profittiamo per citare e magari sentire gli altri 11: Bordon; Bergomi, Marini, Vierchowod, Baresi; Causio, Massaro, Selvaggi, Dossena, Altobelli; Galli.
È l’occasione per raccontare Giampiero Marini, classe ‘51, lodigiano, dal 2001 era stato allenatore della nazionale di Serie B. “Per un decennio buono” - ricorda – “e da me passarono tanti azzurri: Bonucci, Barzagli, era un classico dare i giovani in prestito in cadetteria, per farli maturare”. Ora il ct è Massimo Piscedda e Pinna Marini si occupa di borsa. “Faccio trading online, è sempre stato il mio mondo, in parallelo con il calcio”.
Pinna ha moglie da 40 anni, Domenica Regazzetti, un figlio agronomo, Lucio, 39 anni, e una figlia artista, Claudia, pittrice.
“Fulvio” - racconta – “è persona di spessore, uno dei più forti difensori, non solo della storia dell’Inter. Sempre positivo, attento, preparava la partita con molta cura, teneva la concentrazione per 95’, da mentalmente era impressionante. Aveva qualità tecniche inconsuete per un difensore. Veniva dal Milan, abbiamo condiviso il quadriennio dall’82 all’86 e la Nazionale”.
In Spagna, Marini era in camera con Bergomi: “Era il più piccolo”. Da allenatore Pinna ha conquistato una promozione in B con la Cremonese e la Uefa con l’Inter, subentrando a Osvaldo Bagnoli. Fulvio al massimo ha fatto il ds: a Piacenza, di recente alla Pro Patria era proprietario, ha lasciato presto.

Il golfista Daniele Massaro gli fa semplicemente gli auguri: “Caro Fulvio, ti sto raggiungendo”.
Ivano Bordon, allora. “Abbiamo trascorso insieme un anno all’Inter e 8 in Nazionale. Dopo il mondiale andammo in vacanza con le famiglie e con Hansi Muller, il tedesco che arrivò poi all’Inter. Eravamo in Sardegna, a Stintino, con anche mia moglie Elena”.
Bordon è veneziano, di Marghera, a fine carriera fu allenatore dei portieri, all’Udinese, nel ’93-’94. E Fulvio è di Teor, lassù ha ancora parenti, cugini. In Nazionale Bordon ha disputato 22 partite, fra il ’78 e l’85, e alcune sono state con Fulvio in difesa.
“Nell’86, dopo il mio triennio alla Sampdoria, eravamo fermi entrambi, ci allenavamo a Saronno, con altri ex: Scarnecchia e un portiere dell’Inter, con mister Enea Masiero”.
Bordon abita a Monza, Collovati a Milano. “Dal calciatore non era falloso, badava al sodo eppure era pulito negli interventi. Le polemiche sui media? Io non le amo, ma tanti le coltivano, in tv bisogna avere questo ruolo, mi pare”.
Bordon è pensionato… “Seguo il calcio in tv e allo stadio: a San Siro, per l’Inter, ma pure talvolta il Milan. E gioco a golf”.
Fulvio raggiunse la Nazionale a 22 anni, con Enzo Bearzot, nel febbraio ’79. Giocò da titolare anche Euro 1980 e le qualificazioni mancate a Euro ’84. Chiuse con il mondiale dell’86, giocando nel 3-2 di Puebla, in Messico, contro la Corea del Sud.
“È un peccato” - conclude Bordon – “che l’Italia non abbia vinto l’Europeo organizzato in casa, 37 anni fa. L’avremmo conquistato, se nella semifinale a Roma contro il Belgio un fallo di mano netto nell’area fiamminga fosse stato sanzionato dall’arbitro”.
Il magiaro Palotaj. “A Napoli perdemmo ai rigori con la Cecoslovacchia, Fulvio sbagliò il 17°. Capita”.

Rispetto agli eroi di Spagna, a Italia ’80 c’erano Giuseppe Baresi e Mauro Bellugi, Aldo Maldera (scomparso 5 anni fa) e Romeo Benetti, 35enne, Ruben Buriani e Renato Zaccarelli, Roberto Bettega e Roberto Pruzzo, per il resto sacrificato da Bearzot.
Buriani, dunque, è la nostra opzione. Capelli biondi, non smetteva di correre, come Luciano Re Cecconi, rivale azzurro dell’epoca. “Sino alla scorsa stagione” - chiarisce – “ero osservatore con Pantaleo Corvino, al Bologna. È il ruolo che offre maggiore libertà, con l’imperare di presidenti e procuratori la figura del ds è sbiadita”.
Da centrocampista disputò due amichevoli, con la Nazionale. “A Napoli, in Italia-Romania, nel 1980, ci demmo il cambio. Ho proprio una foto, qua in salotto, del mio subentro, a Oriali, con lui vicino”.
Buriani abita a Quartiere, frazione di Portomaggiore, nel Ferrarese.
“Con Fulvio ho condiviso il lustro al Milan, compreso lo scudetto della stella. Giocavo con l’8, il 7 e persino con il 10, quando non c’era Rivera. Chiusi nella Spal, in A nel Napoli, da infortunato, con Ottavio Bianchi, nell’85-’86, ero infortunato e dalla Triestina arrivò Francesco Romano, poi scudettato. Fulvio iniziò con Pippo Marchioro e poi Nereo Rocco. Io ebbi Liedholm, con la collaborazione dello stesso Rocco. Poi Massimo Giacomini: nel ’79-80, arrivammo terzi, retrocedemmo per le scommesse. Fummo promossi subito, con lo stesso mister, ma al matematico raggiungimento lasciò, per Italo Galbiati. C’erano stati problemi con la presidenza, era Gianni Rivera, ma la proprietà apparteneva a Felice Colombo”. Finito anche in carcere, per le scommesse.
“Poi Gigi Radice, sostituito alla 17^ da Italo Galbiati, poi vice di Fabio Capello, retrocesso”.
Se Buriani fuma, tuttora, Collovati era molto attento alla capigliatura. “Aveva quei riccioli, sempre tiratissimi. Alle volte fingevamo di prendere qualcosa dal terreno, persino vermi, per tirarglielo in testa: “Per l’amor del cielo” - si difendeva lui – “non fatemi questo. Era uno dei migliori come marcatore: forte di testa, in anticipo, elegante. All’epoca i convocati di un biennio non erano certo i 70-80 attuali, 3 amichevoli ti portavano fra i 22 delle grandi manifestazioni”.
Buriani non va più allo stadio Paolo Mazza, anche perché la famiglia Colombarini non lo invita. “Anche la Vetroresina, proprietaria, è di Quartiere, a 300 metri da casa mia. Da ds della Spal subii tante critiche, anni fa dichiarai che la loro squadra non mi aveva fatto buona impressione e anche il presidente Walter Mattioli se l’è legata al dito”.

In Messico ‘86, oltre a molti campioni del mondo, andarono Sebino Nela e Roberto Tricella, Carlo Ancelotti e Salvatore Bagni, Franco Tancredi e Nando De Napoli, Di Gennaro e Vialli, Galderisi, Serena e Zenga. Fra questi eleggiamo il meno visibile, Tricella.
“Abito sempre a Cernusco” - racconta – “e mi occupo di immobiliare. A 6 mesi dall’addio al calcio, nel Bologna, a 33 anni, iniziai a occuparmi dei terreni acquistati durante la carriera, da allora è il mio lavoro, sono socio del gruppo Immobiliare 2000. Del calcio ho vissuto quell’attimo fuggente, da un quarto di secolo sono fuori, resto solo in contatto con amici dello scudetto del Verona: Volpati, dentista a Cavalese, Galderisi allenatore e commentatore, Fanna”.
Tricella disputò 11 gare, in nazionale, dall’84 all’87, e talvolta fu compagno di Collovati. “Era un centrale atipico, con buoni piedi, bravo nella posizione, intelligente, per 15 stagioni a grandi livelli e questo testimonia le doti. Pensate a Giampiero Marini, detto Malik: San Siro era scettica, bastava per vederlo allenarsi per capire che meritava il posto, gli altri avrebbero dovuto contornarlo”.
Il Collo - che adesso dà i collovoti…, sul web - ha un unico limite, il gol: 4 in 6 campionati al Milan e 3 in 4 all’Inter; 2 all’Udinese, uno in due stagioni alla Roma, al Genoa nessuno in 6 anni. E con l’Italia 3 in 50 presenze. “All’epoca si giocavano meno partite, era più difficile segnare, anche sui calci piazzati, per un difensore”.
Tricella è stato avversario dell’Inter della ricchissima Inter di Ernesto Pellegrini, che con Collovati partiva sempre da favorita per lo scudetto, magari dietro alla Juve. “Al Verona, in A, arrivammo quarti e sesti, primi e 12esimi, di nuovo quarti, a testimonianza della continuità. Pur vendendo tutti gli anni, l’Hellas si riproponeva sempre”.
Grazie a Ferdinando Chiampan, presidente della Canon, finito persino in carcere, mentre il presidente Guidotti è scomparso. Sono fra i tanti personaggi dell’èra Collovati calciatore. Adesso editore e opinionista.

Vanni Zagnoli

10.05.17