A tu per tu con... Martina Rosucci

Centrocampista del Brescia Calcio Femminile

Iniziamo dal rientro in campo dopo l'infortunio al ginocchio. Che sensazioni hai vissuto? Cosa ti è mancato di più durante l'inattivita'?  Chi e/o cosa è stato fondamentale nel tuo recupero?
"Mi ci è voluto qualche giorno per realizzare di aver subito un infortunio così grave. E’ stato un colpo basso soprattutto per l’importanza della stagione sia con il Brescia sia con la Nazionale. E’ stata una sensazione abbastanza terribile. La cosa che mi è mancata di più sono stati il gruppo e la condivisione all’interno dello spogliatoio. Faccio uno sport in cui ci si allena e si fa fatica, ma in squadra la fatica è senza dubbio minore rispetto al lavoro individuale. Eravamo io e il mio ginocchio. Non era il campo la prima cosa a mancarmi, ma appunto lo spogliatoio. Sono molto ambiziosa e metto molte aspettative su me stessa. Ogni giorno bisogna alzarsi e avere la consapevolezza di dover lavorare per recuperare al meglio. Se non lavori bene in fase riabilitativa va solamente a tuo discapito. Penso quindi mi abbia aiutato il mio carattere: sono costante e perseverante, come in campo. Avendo degli obiettivi in testa, sai che non puoi lasciare nulla al caso o di incompiuto. Questo mi ha aiutato a recuperare velocemente e bene, assieme anche alla vicinanza di alcune persone importanti che ti sostengono nei momenti più difficili".

Hai esordito in Nazionale maggiore all'Europeo in Svezia 2013. A luglio ti auguriamo di partecipare all'Europeo in Olanda. A 4 anni di distanza hai raggiunto un bagaglio di esperienza importante. Sei tranquilla e consapevole delle tue capacità?
"All’Europeo del 2013 ero piccola ed è stata una sorpresa la convocazione. Dopo 4 anni, sia in Nazionale sia in Champions League con il Brescia ho maturato un po’ di esperienza internazionale. Oggi penso di essere una giocatrice abbastanza matura soprattutto a livello mentale. Sicuramente mi sentirei pronta ad un’eventuale chiamata. Certo, prima deve rispondere bene il mio fisico, che per ora sta dando buoni segnali. Infortunio a parte, sicuramente quest’anno sarebbe un Europeo totalmente diverso rispetto a 4 anni fa. L’idea quest’anno era quella di mettere alla prova me stessa come giocatrice e di viverlo da protagonista avendo giocato tutte la fase di qualificazione. Diciamo che sarebbe l’Europeo della consapevolezza, vedremo. Intanto fra 10 giorni mi aspetta uno stage in Nazionale; questa chiamata mi ha fatto piacere perché vuol dire che vogliono vedere come sto fisicamente".

Confrontarsi a livello internazionale significa anche misurarsi con calciatrici di altissimo livello che lo fanno di mestiere. Quanto sarebbe importante per il movimento in Italia diventare professioniste?
"Sarebbe fondamentale. Si vede che facciamo questo sport da dilettanti. Solo poche giocatrici in Italia riescono a vivere di calcio. Ma nel frattempo tutti devono anche pensare a quello che farai quando smetterai di giocare. Questo status non ci favorisce. Non riusciamo a fare tutto quello che bisognerebbe fare nelle 24 ore e soprattutto ad essere seguite a livello professionistico, con persone che si dedicano a te e alla tua crescita calcistica e atletica a tempo pieno. All’estero è una differenza che patiamo. Giochiamo contro calciatrici di alto livello, ma soprattutto sono delle atlete. Noi stiamo un po’ migliorando: ad esempio la Fiorentina, che è stata inglobata nel maschile, è cresciuta in modo esponenziale. Mantenendo questo status da dilettante però, anche se tutti si impegnano a fare il massimo, mancherà sempre qualcosa per fare il salto di qualità".

Dopo lo sciopero di voi calciatrici di ottobre 2015, hai notato un cambio di marcia o vedi un calcio femminile ancora sottovalutato e sottostimato rispetto alle potenzialità? Se si, perché?
"Questo gesto ha dimostrato che, se vogliamo, riusciamo ad essere unite e raggiungere un obiettivo. Nel calcio femminile ci sono molti episodi che possono avvicinare la gente e possono far cambiare l’idea sul nostro movimento, ma spesso non sono collegati e restano, quindi, solamente degli episodi. Sicuramente si sta muovendo qualcosa, anche grazie alle nuove regole: ad esempio l’obbligo per le società di Serie A maschile di tenere una Under 12 femminile. Ho visto anche un bellissimo torneo di calcio femminile organizzato a Ravenna con squadre del settore giovanile di livello internazionale. Sono cose che aiutano. Ci vuole tempo per far capire all’opinione pubblica che il calcio può essere praticato a livello serio anche dalle ragazzine. Nel lungo termine in Italia sicuramente riusciremo a fare qualcosa di buono, nel breve purtroppo ci stiamo muovendo lentamente".

04.05.17