"A tu per tu con..."

Iole Volpi

Campionato: siete state a lungo in testa, poi l'aggancio all'ultima giornata e la sconfitta ai rigori nello spareggio promozione. Superata la delusione? Cosa vi ha lasciato dentro ? Come ha reagito l'ambiente giallorosso?

"Nessun filo spinato potrà rallentare il vento, non tutto ciò che brucia si consuma..."

Esordisco cosi per rispondere a questa domanda (se non cito Jovanotti almeno una volta quest'intervista perderebbe di veridicità!!!)...

Le delusioni bruciano, tanto, ma ci sono due vie da percorrere dopo una brutta botta come questa: la strada della resa, o quella del riscatto. La frase più bella è stata detta dal mio presidente ai tifosi il lunedì dopo lo spareggio: "Lancia in resta!", noi non ci arrendiamo. Nella mia società noi ragazze non abbiamo un campionato da vincere ma una "missione" da compiere: RIPORTARE LA ROMA FEMMINILE IN SERIE A! Se ci arrendessimo prima, chiunque di noi si sentirebbe incompiuta, quella sarebbe la sconfitta più grande. Ci vorrà altro tempo.. bene. Glielo dedicheremo, vuol dire che doveva andare così… ma noi siamo pronte ancora una volta a metterci in gioco, a riprovarci, a lottare e sudare un altro anno tutti insieme. Ognuno a modo suo, in ruoli differenti, ma dai tifosi alle ragazze alla società, siamo ancora più determinati che mai.

Le delusioni fanno crescere, ci segnano, bruciano… ma di certo, non ci consumano.

 

 

Alleni le bimbe della AS Roma.  L'anno scorso avete vinto la fase nazionale della Danone Cup, alla sua prima edizione al femminile, qualificandovi per la fase finale a Parigi. Che esperienza è stata? Quanto è formativa per le future calciatrici confrontarsi con realtà differenti?

La vittoria della Danone Cup e l'esperienza di Parigi sono state un'esperienza tanto inattesa quanto straordinaria.

Il confronto con altre realtà è fondamentale per una crescita delle ragazze e del movimento in generale. Bisogna essere "curiosi" di scoprire cosa c'è fuori e allo stesso tempo "orgogliosi" di mostrare ciò che abbiamo dentro.  A Parigi, oltre ad aver dato dimostrazione di un ottimo calcio e di grande carattere, le ragazze hanno fatto una bellissima esperienza dal punto di vista sociale e culturale, conoscendo realtà provenienti da tutto il mondo. 

Tutto ciò che è nuovo e diverso è fonte di crescita ed arricchimento, per le ragazze, per il calcio femminile, per lo sport di tutti i generi ed età!

 

Conosciamo il tuo impegno sociale,in particolare con il progetto "Gli Insuperabili". Ci racconti l'esperienza? Che momenti vivi insegnando calcio a questi ragazzi?

Mica è facile in poche righe!

E' una scuola calcio per ragazzi diversamente abili. Ci sono varie Academy in Italia, io sono responsabile di quella di Roma. Bene, questa è la definizione ufficiale, formale.

Quella vera però è un'altra: siamo un gruppo di persone che si trovano bene tra loro, dove gli iscritti spesso diventano maestri, e noi insegnanti/educatori/allenatori non facciamo altro che imparare da loro.

Quando mi chiedono informazioni sugli "Insuperabili", la mia risposta è sempre la stessa: "Venite in campo, poi ne parliamo!".

Spesso ricevo complimenti per ciò che faccio, ma è come ringraziare una bimba per giocare a calcio: io mi diverto!! Tutti nel nostro staff si divertono e non è volontariato né retorica, mi ricollego a quanto detto prima: è diverso, quindi, arricchisce.

Ho visto ragazzi che a stento muovono un passo riuscire a calciare la palla, da allora per me (e per tutte le ragazze che alleno!!!!!) è vietato dire "Non ce la faccio". Non ce la faccio è la scusa che usiamo per convincerci ad arrenderci... e da quando ho intrapreso questo cammino con i diversamente abili, è una scusa che non ho più usato. Imparo ogni giorno dall'amore delle loro famiglie, dalla loro speciale diversità… rido e sorrido con loro, studio, cresco, e prendo appunti come se fosse il corso più prestigioso e importante della mia vita.

 

Sei una veterana del calcio femminile, l'hai visto cambiare nel tempo. Come te lo immagini tra alcuni anni ? Cosa vorresti non perdesse mai?

Ho iniziato a giocare a calcio a 14 anni. Dai 6 ai 14, come tutte le ragazze del quartiere, ero iscritta a pallavolo. A Rieti giocare a calcio in una squadra con altre ragazze non rientrava nemmeno nella mia immaginazione.

Immaginare è un termine che ricollego alla fantasia, beh… io non lo voglio immaginare il calcio femminile tra qualche anno: voglio che sia una realtà!

E' un problema culturale. E come la cambi la cultura? FACENDO!

Dobbiamo giocare e dar modo a chiunque di farlo. 

La realtà che aspetto è quella di scuole calcio piene di bambine, negli anni si è puntato troppo ai grandi successi delle prime squadre e poco a gettare delle solide fondamenta per dare continuità ad un progetto.

Convogliare su un campo di calcio bambine piccole, significa plasmare anche la cultura dei propri genitori, parenti e amici.

"..quest'onda che va....."Piano piano ,direi che qualcosa si sta muovendo.

altrimenti non sarei qui a rispondere come allenatrice e giocatrice.

Non stareste qui a fare interviste.

Ciò che manca ancora è la consapevolezza di quanto siamo grandi, della nostra forza ma prenderà forma anche quella.

La realtà che aspetto è quella di un calcio informato e che sappia formare, di un calcio accessibile a tutti (come orari, impianti), di riflettori puntati sulle nostre qualità di atlete e non sul nostro aspetto.

Non sogno una realtà fatta di privilegi ma di diritti.

Non sogno una realtà ma la realizzo, quotidianamente, sul campo, nelle scuole, ogni volta che parlo di calcio.

E' questo ciò che il calcio femminile non deve perdere mai: la forza di fare, nonostante gli ostacoli! Insomma, serie A, diversamente abili, calcio femminile… in conclusione.. io penso positivo!

05.06.17