Il pallone racconta: Luigi Agnolin

La scomparsa del fischietto di Bassano del Grappa

Dopo Ferragosto, con le prime polemiche arbitrali, il Gazzettino del nordest ci suggerisce di sentire Gigi Agnolin, autorevole voce di quella terra, oltre che magari a Fabio Baldas, giuliano. Da anni non parliamo con il grande ex arbitro e designatore e dirigente sportivo. “Si sta curando”, risponde la moglie, al suo telefono.
Mah, in fondo anche noi abbiamo di tutto. Più tardi ce lo passa: “Ho difficoltà a parlare. Se mai riuscirà a guarire, poi racconterò”.
Ecco, Gigi ci rivelò la natura del male che non perdona, riferimmo a Paolo Casarin, che quel giorno preferì rispettare la sua esclusiva con il Corriere della Sera, ma in generale è sempre stato molto disponibile. “Come l’hai sentito?”. Mah, sono sorpreso, non sapevo nulla della malattia, mi par di capire che ci fossero poche speranze.
Riferisco, alla redazione: “Ahi, il tumore al… Uno dei peggiori”.
Sabato mattina la mazzata, Gigi non c’è più.

Era di Bassano del Grappa, è stato un grande arbitro e un grande rivale di Paolo Casarin, diversi e probabilmente uguali, in anni in cui l’arbitraggio era arte, magari culto della personalità. Negli anni abbiamo sentito anche Bertini e Lanese, Pairetto e Bergamo, Trefoloni e Pieri. Magari solo per presentarci, per un saluto, per stabilire la connessione a futura utilità. Di Gigi ci eravamo un po’ dimenticati, ma anche volutamente, per il turnover che utilizziamo nei contatti, pubblicativi o meno.
Agnolin e Casarin, quei cognomi tanto veneti, quei personaggi così ieratici. Era un altro calcio, senza Var ma anche con poca moviola durante la settimana, si arbitrava con autorevolezza, senza esagerare nelle ammonizioni o nei personalismi. Memorabile quella volta che Agnolin espulse Bettega, 40 anni fa, neanche andiamo a controllare, ci fu casino in un derby della Mole.
Era l’epoca anche di Menegali e Michelotti, di Tonolini senior e di Trinchieri. Gli arbitri erano come figurine.

A Parma, per anni abbiamo incrociato al Tardini o in tv Alberto Michelotti, 87 anni. “Per me” -  racconta – “Gigi era un fratello minore. Mi telefonava”.
Alberto è una persona vera, sempre, ci lascia intendere che dopo quella grande carriera in giacchetta nera Agnolin non avesse trovato grande fortuna. “Ebbe un negozio sportivo, fece il dirigente calcistico”. Certo, dopo essere stato designatore, magari anche presidente degli arbitri, non andiamo a controllare di proposito. Alberto ricorda tutto, sicuramente era più amico di Gigi che di Casarin. “Arbitravamo con uno sguardo, chiedevo ai collaboratori di comunicare con gli occhi, il più possibile”.
Alberto è l’intellettuale del gruppo, amante della lirica, come tanti parmensi, segue il calcio con spirito critico e ama la vita. Spesso le persone in apparenza burbere sono le più buone e probabilmente era così anche per Gigi, con l’andare degli anni.
Agnolin e la grande classe arbitrale. Claudio Pieri, padre di Tiziano, ma anche tanti altri, per una scuola infinita. Gonella, scomparso di recente, Barbaresco, cognomi anche singolari, quando i tabellini si recitavano a memoria, con 16 squadre e 16 giocatori. Si giocava al totocalcio e il calcio era solo in Rai, agli orari comandanti, mica alle 12,30 e mille momenti fra dirette e dibattiti zeppi di bellissime.Con Agnolin e simili, lo spettacolo era in campo, con i colletti bianchi e i fischietti: “Fischio io”, sulle punizioni.

La nostra breve conversazione con Casarin.
Paolo, ai vostri tempi eravate come Francesco Moser e Beppe Saronni nel ciclismo? Ovvero grandi arbitri ma pure rivali?
“No. Non c’è mai stato nessun problema, fra di noi, nel modo più assoluto”.
Vi è capitato di dirigere assieme?
“Gli feci da guardalinee, una volta, in Israele-Australia”.
La vostra personalità era schiacciante in campo ma anche fuori. Eravate simili?
“Ma diversi, nella lettura della vita, non solo nell’arbitraggio. E c’era grande rispetto reciproco, sicuramente mio nei suoi confronti”.
Tre anni di differenza, all’anagrafe: classe ’40 lei, 43 Luigi.
“E perciò io arrivai in Serie A un po’ prima, ritirandomi nell’88. Gigi lasciò nel ’90, dopo il Mondiale. Condividemmo quasi 15 stagioni di fischi, in A, qualcosa di meno in campo internazionale”.
Gigi era bassanese, lei mestrino. All’epoca l’arbitraggio era quasi un’arte…
“Ci separavano, però, 250 chilometri di distanza. Siamo stati molti vicini sul campo, fra l’altro ci siamo anche sfiorati come designatori, dopo essere stati arbitri di riferimento”.
Agnolin, ecco. Come Collina e Rosetti meritava una carriera europea, da dirigente. Da lassù fischierà ancora, magari con la barba ascetica e incanutita.

Vanni Zagnoli

02.10.18