Il pallone racconta: il cucchiaio di Panenka

40 anni fa il rigore dell’attaccante cecoslovacco

“Mo’ je’faccio er cucchiaio”. Chissà come si dice in boemo l’espressione che ha reso famoso Francesco Totti, nel 2000, quando a 24 anni infilò Van der Saar, il portiere dell’Olanda, nella semifinale difficillima, fuori casa. Usiamo apposta il latinismo, perché quella è storia. Come 40 anni fa.
Perché lunedì scorso sono stati quarant’anni dalla prima volta che nel calcio internazionale venne eseguito il cucchiaio. Fu Antonin Panenka, il trequartista della Cecoslovacchia, era il 1976, proprio l’anno di Totti. Quando prese la rincorsa sapeva chi era, non cosa sarebbe diventato. Ovvero un mito, un punto di riferimento, non solo per il primo titolo internazionale andato all’Est europeo, nel calcio. Sì, nel 1960 l’Urss vinse l’Europeo ma partecipavano solo 4 nazionali. La Repubblica Ceca sarebbe arrivata in finale nel ’96, perdendo tuttavia al golden gol con la Germania.

Allora Cechia e Slovacchia erano unite e già il padre di Panenka avrebbe voluto fare il calciatore, glielo impedì un incidente in moto. Da bambino, Antonin andava regolarmente a vedere partite, sino a 6-7, nel fine settimana. Era semiprofessionista e si allenava tanto, anche sotto l’occhio vigile dei funzionari del partito comunista. In nazionale non poteva fumare, fare sesso nei tre giorni precedenti le gare, neanche bere birra. Si ispirava a Didi e a Masopust, il primo pallone d’oro boemo, poi solo Nedved.

In semifinale, la Cecoslovacchia stupisce battendo l’Olanda del calcio totale, con l’aiuto dell’arbitro gallese Thomas, che al 9’ del secondo supplementare non sanziona un fallo proprio di Panenka su Cruijff: la palla arriva a Vesely che crossa per Nehoda, 2-1. Thomas nel 2008 ammetterà alla televisione olandese di aver sbagliato a non fischiare quel fallo, espelle Van Hanegem per proteste, contribuendo alla qualificazione dei cecoslovacchi.
La finale con la Germania finisce ai rigori e già basterebbe come impresa. Panenka non improvvisa, perché da un paio d’anni calciava i rigori in quella maniera, con il sinistro appoggiato dolcemente sotto la palla. Pallonetto, cucchiaio, scucchiaiata, l’aneddottica di tanto calcio è partita da quel giorno.
Comunque, la palla si solleva e finisce in porta come irridendo il portiere, Zdenek Hruska, il compagno di squadra con il quale provava l’esecuzione a sorpresa. Da allora calcia spesso così, in amichevole e campionato, ma a Belgrado sbalordisce il mondo.
“Non volevo rendere ridicolo il portiere tedesco Sepp Maier” - disse poi – “Era solo il tiro più facile”.
La Germania è campione del mondo in carica, rimonta due gol in extremis, i supplementari non cambieranno il 2-2 e per la prima volta una grande manifestazione finisce dal dischetto. Arbitra l’astigiano Gonella, che due anni dopo dirigerà anche la finale mondiale di Buenos Aires, favorendo l’Argentina, sull’Olanda.

I tempi regolamentari si chiudono in parità, primattori sono i tedeschi Franz Beckenbauer, Bonhof del Colonia e Berti Vogts, poi ct; fra i boemi Zdenek Nehoda, buon attaccante. Cecoslovacchi in vantaggio 2-0 dopo venticinque minuti, con Svehilk e Doblas, i tedeschi recuperano segnando un gol subito con Dieter Mueller e l’altro all’ultimo minuto, di Holzenbein.
Ai rigori segnano tutti, Masný e Bonhof, Nehoda e Flohe, Ondruš e Bongartz; Jurkemik per i cechi. Al quarto penalty tocca a Uli Hoeness, che colpisce troppo sotto e il pallone si impenna. Parte Panenka, rincorsa lunghissima, finge di calciare potente e tocca il pallone sotto.
Festeggia con la maglia della Germania, se le erano scambiate prima della premiazione, oggi si farebbe molta attenzione anche al rituale delle immagini e foto.

Antonin Panenka è sempre stato controcorrente, anche nella scelta della squadra, poiché evitò accuratamente il Dukla Praga, la squadra dell’esercito, dove si doveva passare obbligatoriamente durante il servizio militare. Un medico aveva firmato un certificato che lo dichiarava non idoneo alla leva. Guardandolo ora, piuttosto grasso, chissà, un pizzico di fondamento poteva pure esserci…
Era un bohèmien e nel Bohemians ci stava davvero bene, flemmatico e creativo. Tutta classe, ma lento come molti piedi buoni dell’epoca. Oggi finirebbe al massimo in Serie B, nel nostro calcio, più fisico che tecnico.
Il cucchiaio è sempre un grande rischio, perché se entra strappi l’ooohhh del pubblico, se sbagli rischi di finire arrosto, per la critica. Il suo compagno di camera, il portiere Victor, l’aveva ammonito: “Se tiri in quel modo e sbagli, non ti faccio rientrare”.

Nell’Europa del muro di Berlino non si scherzava, in caso di errore nella finale di Belgrado sarebbe dovuto andare a fare il tornitore, il lavoro scelto per lui dallo stato. Niente più viaggi a ovest, né cristalli di Boemia, esportati per arrotondare. Panenka era perito alberghiero, segnò e rivoluzionò il pallone, ispirando anche Zidane (nella finale mondiale di 10 anni fa, traversa e palla oltre la riga), Pirlo in nazionale (ai quarti contro l’Inghilterra, 4 anni or sono) e tanti altri. Totti una volta se lo fece parare, da Sicignano, allora portiere del Lecce, e poi da Campagnolo, nel 2007 alla Reggina.
Panenka ha dato persino il nome a un mensile spagnolo di calcio e cultura.
Ha inventato un gesto, come il bolognese Amedeo Biavati iniziò il doppio passo. La prima rovesciata viene attribuita al basco Unzaga, scomparso nel 1923 a 29 anni, la rabona venne ideata da Infante, all’epoca nell’Estudiantes.
Andrebbe chiamata la panenka, come avviene all’estero, da noi si chiama semplicemente il cucchiaio.

Antonin la ripropose nel ’79, contro la Francia, dove lo chiamarono il poeta dei rigori. Il portiere Dropsy non era informato e in fondo quel colpo ricorda vagamente il drop del tennis.
Oggi quel ceco ha 67 anni e gli stessi baffoni del ’76. È presidente proprio nel Bohemians 1905 e nel tempo ha parlato spesso della sua creatura: “Funziona nel 90% dei casi, perché nessun portiere o quasi sta fermo, senza buttarsi?”.
Quel ricamo l’aveva inventato nel ’74. “In campionato l’avevo usato già decine di volte. Va convinto il portiere che tirerai a destra o a sinistra, servono gesti e occhiate. Bisogna confonderlo e poi sorprenderlo”.
All’epoca Pelè era ancora in attività, nei Cosmos, in America, e Panenka conquistò anche lui: “Solo un folle o un genio poteva tirare in quel modo”.
È un gol memorabile degli Europei, come la prodezza di Van Basten nell’88, in finale alla Russia.
Ha 40 anni e viene imitata anche dai bambini, negli oratori. A loro va spiegato chi è Panenka.

Vanni Zagnoli

22.06.16