Azeglio Vicini, una vita in azzurro

Presentata questa mattina a Vicenza la biografia scritta dal figlio e dalla moglie

Una storia semplice, senza fronzoli, senza “gossip” o polemiche: è la biografia di Azeglio Vicini (“Azeglio Vicini, una vita in azzurro” – Goalbook Edizioni) presentata questa mattina a Vicenza, nella Sala degli Stucchi a Palazzo Trissino, su iniziativa dell’Associazione Italiana Calciatori e Comune di Vicenza. 60 anni di calcio, ripercorsi attraverso la vita di un grande personaggio, calciatore prima e allenatore poi, soprattutto di un grande uomo, padre e marito. A raccontarcela sono il figlio Gianluca e la moglie Ines che si sono calati negli insoliti panni di scrittori e ne hanno pazientemente ricostruito tutto il cammino, da quella caramella offerta da un giovanissimo Azeglio (allora calciatore della Primavera del Lanerossi Vicenza) ad una ragazza (Ines, che per la cronaca quella caramella la rifiutò) incontrata sotto la basilica Palladiana, alle notti magiche di Italia ’90 e al sogno, solo sfiorato, di una finale Mondiale più che meritata. “Con un po’ di fortuna quel Mondiale lo avremmo pure vinto” – ha commentato l’assessore alla formazione con delega allo sport Umberto Nicolai. “Dopo il libro di Gianni Rivera abbiamo il piacere di presentare un’altra importante biografia. La storia spesso, con la sua incessante velocità, ci fa dimenticare molte cose, ma certi momenti dello sport non vanno e non possono essere dimenticati. Vicini ci riporta a momenti magici e l’azzurro è, e resta, il colore che continua ad emozionarci di più”.

“Un libro che si legge tutto di un fiato perché appassiona pagina dopo pagina” – ha proseguito il Direttore Generale AIC Gianni Grazioli – “e abbiamo voluto presentarlo in anteprima nazionale proprio a Vicenza perché la città berica rappresenta per Azeglio una tappa fondamentale per la sua vita, non solo per la sua carriera nel mondo del calcio”.

Dalla vittoria con la maglia della Primavera del Lanerossi Vicenza al Torneo di Viareggio, ai successi con l’Under 21, fino ad Italia ’90 e a quegli sfortunati calci di rigore contro l’Argentina di Maradona: “Azeglio fa parte della mia vita non solo di calciatore” – ha raccontato Sergio Campana, presidente onorario AIC. “Grande amico con grandi qualità: arrivò da Cesenatico e ci trovammo a Vicenza orgogliosi di vestire la maglia biancorossa che portammo in trionfo al Viareggio. Proseguimmo insieme col Lanerossi e poi abbiamo continuato a vivere in comunità anche dopo la carriera, condividendo moltissime situazioni anche da rispettivi presidenti delle associazioni calciatori e allenatori”.

“Vicini per me rappresenta gli anni dell’adolescenza quando ero a Verona e il professionismo per me era una speranza” – ha aggiunto Damiano Tommasi, presidente AIC. “L'attuale presidente federale vorrebbe rilanciare la cantera degli allenatori e quando ricorda i tanti nomi uscita da Coverciano, quello di Vicini ha un posto speciale, perché al suo nome si associa automaticamente il sogno azzurro. È bello che quel sogno sia stato tradotto in un libro per consegnarlo alla storia”.

Una storia fatta di valori e semplicità, di un calcio romantico che non c’è più, che si legge con un filo di nostalgia: “Abbiamo voluto, senza pretese stilistiche, raccontare come è stata la vita e la carriera di mio padre” – ha spiegato l’autore Gianluca Vicini. “Mia mamma Ines ha fatto da regista e ne è uscito un libro che non ha pretese, se non quella di far rivivere certi valori dello sport che si stanno un po’ perdendo”.

“Col calcio ho fatto tanta strada e ho conosciuto tante persone” – ha detto in chiusura Azeglio Vicini – “Sono arrivato a Vicenza nel ’53, a 20 anni, in una squadra che per prima, in Italia, portava un logo sulla maglia che la faceva conoscere come Lanerossi. C’era tanta passione, un altro clima, e le città si fondevano con le loro squadre di calcio. Quando vincemmo il Viareggio arrivammo alla stazione col treno e sui binari non c’era nessuno. Eravamo delusi, ma fuori ci aspettavano 20mila tifosi festanti. Fu una grande emozione, come grande fu il calore dei tifosi azzurri che ci spinsero in quel Mondiale del 1990. Quei rigori contro l'Argentina ci negarono un sogno ma la nostra amarezza non fu per quei rigori ma perché credo che il nostro gioco in quel Mondiale fosse il migliore. In questo libro c’è emozione, passione vera, la stessa che mia moglie e mio figlio, che non sono veri e propri scrittori, hanno messo per confezionare, credo di poter dire, un grande lavoro”.

11.05.16